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Risoluzione contratto di locazione

Sentenza Tribunale Massa, 21/11/2023


Fatto

MOTIVI DELLA DECISIONE


La domanda di risoluzione del contratto di locazione risulta fondata e deve essere accolta, mentre l'opposizione e la domanda riconvenzionale proposte dalla convenuta risultano del tutto destituite di fondamento.


La eccepita nullità del contratto per l'asserita indeterminatezza del bene oggetto di locazione appare tesi decisamente singolare e totalmente inaccoglibile, tenuto conto che il fondo oggetto di causa è descritto nella premessa del contratto con richiamo dell'indirizzo civico, all'art. 11 della convenzione negoziale si dà atto che il conduttore lo ha esaminato e lo ha trovato adatto alle proprie necessità (quindi avendone chiaramente contezza in ordine alla consistenza), e tale doveva essere la consapevolezza e la chiarezza delle parti in ordine alla sua estensione che la concessione in godimento di una ulteriore porzione (fatto pacificamente riconosciuto dalle parti, doc. 10 parte convenuta) è stata oggetto di ulteriore convenzione, anche se il dato maggiormente dirimente e che qualifica la capziosità della opposizione (e della specifica eccezione) è costituito dal pacifico godimento per un decennio (il contratto è del 2012) del bene da parte del conduttore senza eccezioni e senza obiezioni di sorta, manifestando dubbi sulla consistenza dei locali solo in sede giudiziale, ove è stato convenuto per il suo inadempimento.


Quanto alla prova dei pagamenti in contanti, va osservato che il capitolo di prova dedotto da parte convenuta appare del tutto decontestualizzato e generico, omettendo di riferire modalità di tempo e di luogo così che rimettere al teste la deposizione su pagamenti per 12.500 euro senza specificare con quali modalità siano avvenuti, da parte di chi e in quale luogo siano stati effettuati, lasciando risposta totalmente aperta, costituisce capitolazione non conforme al dettato dell'art 244 c.p.c. e finisce per violare significativamente il diritto di difesa della parte poiché – di fatto – rende impossibile articolare prova contraria: “In proposito, non sembra superfluo rimarcare


- in sintonia con l'orientamento ripetutamente espresso dalla Corte territoriale - che "il necessario giudizio circa la rilevanza di una prova testimoniale – che: a) deve essere formulato in via officiosa, vale a dire anche senza un'eccezione della controparte; da ultimo, Cass. 19.1.2018, n. 1294; b) è uno dei due presupposti indispensabili per l'ammissibilità, insieme con la conformità dell'articolazione e della richiesta alle regole processuali; c) postula e giustifica il requisito basilare della specificità dei capitoli di prova ex art. 244 c.p.c. – sussiste se sia positivamente valutabile a priori l'idoneità dei fatti, prospettati dalla parte e da chiedere ai testimoni, a costituire il fondamento del diritto azionato. Con la precisazione che il giudice, nell'avvalersi della facoltà di cui all'art. 253, 1° co., c.p.c., rivolgendo al teste le domande utili a chiarire i fatti oggetto della sua deposizione, non può, in ogni caso, supplire alle deficienze del mezzo istruttorio (Cass. 12.6.2015, n. 12192), perché – è esplicativo aggiungere – si verificherebbe altrimenti (cioè, se bastasse una generica istanza istruttoria della parte onerata della prova, con delega al giudice di cercare il riscontro adeguato, orientando l'assunzione delle testimonianze verso tale obiettivo) un'irregolare inversione dell'iter processuale configurato dal codice di rito e un vulnus nello svolgimento del processo, in pregiudizio dell'altra parte" (Trib. Foggia sez. lavoro 10.5.2023 n. 1658).


E ancora “La richiesta di provare per testimoni un fatto esige non solo che questo sia dedotto in un capitolo specifico e determinato, ma anche che sia collocato univocamente nel tempo e nello spazio, al duplice scopo di consentire al giudice la valutazione della concludenza della prova e alla controparte la preparazione di un'adeguata difesa” (Cass. 24377/2021. Cass 20997/2011, che ha ritenuto inammissibile il capitolo di prova per testimoni volto a dimostrare il compimento di una dichiarazione ammissiva fatta dal debitore ad un terzo qualora non sia indicato nel capo di prova il giorno in cui tale dichiarazione sarebbe stata resa).


E ciò anche a voler tacere che i poteri officiosi di indagine e di integrazione probatoria del giudice nel rito locatizio sono certamente ristretti rispetto a quello del lavoro, posto che - a mente dell'art. 447 bis c.p.c. - risulta applicabile alle controversie in materia di locazioni unicamente il comma I dell'art. 421 c.p.c.


Ai fini della ammissibilità della prova totalmente generica e come tale inammissibile, dedotta dalla convenuta in ordine agli asseriti pagamenti in contanti, a nulla rileva il doc. 10, che attesterebbe un ridottissimo pagamento in contanti (e nulla dice sugli ulteriori e rilevanti sui quali è stata dedotta prova testimoniale) e che è comunque stato disconosciuto da parte attrice all'udienza del 30.9.2022, del quale la convenuta non ha chiesto la verificazione, di talché non può essere utilizzato quale prova documentale nel giudizio.


Parimenti infondata appare la richiesta di risarcimento dei danni subiti dalle attrezzature della convenuta a seguito dei distacchi di corrente, poiché non vi è alcuna prova che tali asseriti danni si riferiscano a conseguenze causalmente connesse con la condotta di parte attrice, né pare idoneo a fornire tale prova il capitolo B) dedotto dalla convenuta nella memoria integrativa, totalmente inammissibile per genericità e inconferenza, non contenendo alcun riferimento concreto e temporale né alcuna descrizione degli accadimenti che consenta di connettere oggettivamente e soggettivamente i lamentati danni alle circostanze e condotte dedotte in atti (anche laddove il teste ammetta di aver assistito a improvvise interruzioni di corrente, senza che siano indicate data e modalità, né conseguenze concrete, la dichiarazione risulterebbe inutile ai fini del giudizio, in assenza di alcuna prova o allegazione -ad esempio relazione tecnica di parte - sul nesso causale fra i lamentati danni e tali distacchi, non potendo certamente essere rimesso al teste giudizio sul punto).


Parimenti appare incomprensibile il nesso di causa che si pretenderebbe di stabilire fra il subito furto e la condotta del locatore, vieppiù alla luce dell'art. 11 della pattuizioni contrattuali, mentre risulta del tutto non provato (per il vero, neanche dedotto a prova) che le lamentate infiltrazioni abbiano comportato un diminuito godimento del bene, che legittimasse una riduzione dei canoni, né risulta non solo documentata ma neanche dedotta in alcun modo l'entità degli esborsi che la conduttrice afferma di aver sostenuto per interventi di manutenzione straordinaria; nulla appare provato né dedotto in ordine alla loro ripetibilità nei confronti del locatore.


Quanto alla autoriduzione del canone per il periodo emergenziale, secondo la giurisprudenza di questo Tribunale, già richiamata nell'ordinanza 25.10.2022, non può ritenersi sussista alcun automatismo connesso alle restrizioni di quel momento, così che ove risulti sussistente una diminuita possibilità di utilizzazione (che nel caso di specie non è stata né specificamente dedotta né, tantomeno, provata) riconducibile a fatto non imputabile alle parti, e costoro non addivengano a una riduzione negoziale, dovrà essere specificamente provata l'incidenza delle misure sulla attitudine del bene a rendere l'utilità dedotta in contratto, a fronte della quale potrà eventualmente essere richiesta in via giudiziale una riconduzione ad equità del vincolo sinallgmatico (Rel. Massimario 8.7.2020 . n.56) posto che “La normativa emergenziale emanata nel corso della pandemia da covid-19 non prevede una sospensione dell'obbligo di corrispondere i canoni di locazione o di diminuirne l'importo ad nutum del conduttore: dirimente in tal senso è la circostanza per cui gli interventi governativi in materia locatizia si sono limitati a concedere agevolazioni di natura fiscale in favore delle imprese la cui attività è stata sospesa a seguito delle misure restrittive "anti coronavirus", ma non hanno concesso un'esenzione dal pagamento dei canoni, e ciò sta a significare una ben precisa volontà del legislatore di non far venir meno né limitare l'obbligazione di versare il canone stesso” (Trib. Firenze 18.5.2022 n. 1447) .


Va infatti rilevato che, per pacifica giurisprudenza, ai fini dell'azione di sfratto per morosità (che certamente rappresenta domanda di risoluzione del vincolo per inadempimento del conduttore, azionata in via sommaria, rimanendo in tal senso del tutto insondabile la tesi affermata dalla convenuta che ' la procedura di sfratto non presuppone una domanda di risoluzione contrattuale in quanto la disciplina non si applica alle Locazioni NON abitative”) a parte attrice incombe unicamente l'onere di provare la sussistenza di una legittima fonte di obbligazione (rappresentata dal contratto di locazione ritualmente stipulato e registrato), adducendo l'inadempimento grave della conduttrice, mentre incombe al convenuto la prova dei fatti modificativi/estintivi ex art 2697 comma II c.c., onere al quale, come si è detto, non ha assolto.


Va infine osservato che, in ogni caso, a fronte di una morosità individuata dal locatore in euro 19.092,00 nei conteggi effettuati nelle memorie difensive finali (che non hanno trovato alcuna contestazione nelle note di parte convenuta del 1.10.2023) l'eventuale versamento in contanti – anche ove fosse provato, e così non è stato – lascerebbe residuare una morosità pari a quasi settemila euro, importo che, a fronte della prestazione dedotta in contratto, rappresenta circa una annualità, inadempimento che comunque integrerebbe gli estremi di cui all'art. 1455 c.c.


Delle vicende di eventuale rilievo penale le parti avranno l'opportunità di discutere nelle competenti sedi, poiché quanto dedotto nelle querele depositate in atti non può costituire ragione di prova alcuna a favore o a carico dell'altra, rappresentando – allo stato – mere dichiarazioni unilaterali.


Le spese seguono la soccombenza e, tenuto conto delle caratteristiche, dell'urgenza e del pregio dell'attività prestata, dell'importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell'affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate possono essere liquidate in misura prossima ai medi di scaglione previsto dal D.M. 147/2022 avuto riguardo al decisum


PQM

P.Q.M.


Il Tribunale definitivamente pronunciando nella causa civile in epigrafe


Dichiara risolto per inadempimento grave del conduttore il contratto di locazione 8.6.2012 stipulato dalle parti e condanna M. di B.B. & C. s.n.c. a versare a ZM. S.r.l. la somma di € 19.092,00 per canoni scaduti, oltre interessi ex D.lgs. 231/2002 dalle singole scadenze al saldo.


Condanna M. di B.B. & C. s.n.c. a rilasciare immediatamente l'immobile sito in Carrara Via (omissis), ove ciò già non sia avvenuto, secondo quanto disposto con ordinanza 25.10.2022 in favore di ZM. S.r.l.


Respinge ogni altra domanda delle parti, ivi compresa la riconvenzionale avanzata dalla convenuta Condanna M. di B.B. & C. s.n.c. alla refusione delle spese di lite in favore di ZM. S.r.l. che liquida in euro 200 per esborsi e euro 5.388,00 per competenze ex dm 147/2022, oltre spese generali 15% e accessori di legge.


Così deciso dal Tribunale di Massa il 21/11/2023


Immissioni rumore moleste legittimazione

 Sentenza Corte appello Venezia sez. II, 07/02/2023, (ud. 17/01/2023, dep. 07/02/2023), n.281



Fatto

Motivi della decisione


In fatto.-


1. Con atto di citazione notificato in data 19-11-2015 Da. Vi. ha convenuto in giudizio avanti il tribunale di Padova St. Bo. per far accertare che “dal fondo dell'arch. St. Bo. ... giungono nell'abitazione dell'attore immissioni eccedenti la normale tollerabilità e i limiti stabiliti dalla legge”, tali da impedire “il normale godimento dell'abitazione di residenza dell'arch. Vi. e il suo esercizio dell'attività anche professionale di musicista”, con richiesta di condanna del convenuto “a porre in essere opere di coibentazione idonee a non far percepire i rumori degli spari nell'abitazione dell'arch. Vi.” e di condanna al risarcimento del “danno biologico, temporaneo e permanente subito dall'attore e del danno da perdita di valore d'uso dell'abitazione condannando controparte al risarcimento. Interessi e rivalutazioni dal fatto”. L'attore formulava altresì richiesta di provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c.


2. St. Bo., nel costituirsi in causa, ha dedotto di aver concesso in locazione il terreno di cui è causa alla associazione A SCe ha chiesto - e ottenuto - di chiamare in giudizio il conduttore, per esserne manlevato di quanto eventualmente condannato a pagare all'attore, concludendo per il rigetto della domanda dell'attore.


3. Si è costituita in causa l'associazione A SCin persona del suo presidente, Lu. Mu., deducendo che l'apertura del poligono A SCrisaliva al 2011 e che erano state poste, perlomeno dal 2012, tutte le misure atte a evitare l'inquinamento acustico, tanto che erano state realizzate le opere di coibentazione necessarie per eliminare le immissioni, concludendo per il rigetto delle domande e richieste di parte attrice.


4. L'adito tribunale, espletate - anche in esito a procedimenti cautelari nelle more promossi - quattro consulenze tecniche d'ufficio, una, medico-legale, diretta all'accertamento dei danni fisici lamentati dall'attore, due, di natura tecnico-acustica, dirette alla verifica delle immissioni sonore lamentate e alla individuazione delle opere idonee al contenimento dei rumori, una quarta, di natura estimativa, diretta alla stima del valore locativo dell'immobile dell'attore e della diminuzione derivatagli dalle immissioni provenienti dal poligono, ha definito la controversia con la sentenza n. 1522/21 qui appellata.


Con tale sentenza il tribunale di Padova ha accertato che dal fondo utilizzato da A SCcome poligono di tiro provenivano immissioni eccedenti la normale tollerabilità e i limiti stabiliti dalla legge e ha condannato Bo. St. e A SC , in via solidale tra loro, a porre in essere le opere di coibentazione idonee a non far percepire il rumore degli spari nell'abitazione di Vi. Da. come indicate nelle espletate cc.tt.u. nonché al risarcimento del danno biologico, temporaneo e permanente subito dall'attore e liquidato in €. 13.125,25, oltre agli interessi legali sugli importi rivalutati dalla data della domanda al saldo effettivo, oltre alla rifusione delle spese processuali e di cc.tt.u.


5. Avverso tale sentenza ha proposto appello Da. Vi., affidato a tre motivi, chiedendo un aumento della penale fissata nelle “ordinanze interinali” per il ritardo nell'adempimento della costruzione delle opere di insonorizzazione sino ad € 1.000,00 per ogni giorno di ritardo e la liquidazione dell'ulteriore danno non patrimoniale non riconosciuto dal tribunale e di quello patrimoniale pure negletto dal primo giudice. L'appellante ha convenuto avanti la corte d'appello il Bo., A SC 22 Shooting Club, nonché Lu. Mu., resosi acquirente nelle more del giudizio di primo grado del fondo dal Bo..


5.1. Si è costituito in causa St. Bo., contrastando l'appello principale e svolgendo appello incidentale sulla base di cinque motivi, diretto all'accertamento della sua carenza di legittimazione passiva e comunque al rigetto delle domande del Vi., con accertamento che l'A SC  è tenuta a manlevarlo di quanto eventualmente fosse tenuto a pagare in favore dell'originario attore, con vittoria di spese.


5.2. Si sono costituiti in causa sia A SCche Lu. Mu., opponendosi all'accoglimento dell'appello principale e formulando appello incidentale per ottenere l'accoglimento delle domande formulate in primo grado e non accolte dal tribunale.


6. All'udienza del 04/10/2022 [la cui trattazione è stata disposta ai sensi dell'art. 83, co. 7, lett. H, d.l. 18/2020 (convertito nella legge 27/2020) e d.l. 28/2020, mediante deposito di note scritte], la causa, dimesse dalle parti le conclusioni scritte, come in epigrafe riportate, è stata riservata per la decisione, previa assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.


Da. Vi. e St. Bo. hanno depositato comparse conclusionali e anche memorie di replica.


In diritto.-


1. La materia del contendere in primo grado e la sentenza appellata.


La causa ha ad oggetto le immissioni sonore nel fondo di proprietà di Da. Vi. (via Lovolo n. 53 del Comune di Rovolon - Padova) dal fondo sito in Albettone (VI), via (omissis), già di proprietà di St. Bo. e venduto - nel corso del giudizio di primo grado - a Lu. Mu. (all'epoca presidente dell'associazione sportiva A SC 22 Shotting Club), e concesso dal Bo. in locazione ad A SC 22 Shooting, esercente in quel sito l'attività di poligono di tiro.


Con le domande formulate in causa il Vi. ha chiesto la cessazione delle immissioni con apprestamento di opere idonee a ridurne l'impatto sonoro e il risarcimento dei danni, che ha lamentato di aver patito alla salute e al valore dell'immobile in conseguenza delle dedotte immissioni.


Con la sentenza qui impugnata il tribunale ha condannato, in via fra loro solidale, A SC 22 Shooting e St. Bo.:


a) alla realizzazione di opere dirette alla riduzione delle immissioni sonore come indicate nella espletata c.t.u.;


b) al risarcimento del danno “biologico, temporaneo e permanente subito dall'attore” e liquidato in “€ 13.125,25, oltre agli interessi legali sugli importi rivalutati dalla data della domanda al saldo”.


2. Appello principale


L'appello del Vi. è affidato a tre motivi.


2.1. Con il primo si lamenta la omessa chiamata in causa di Lu. Mu., ossia dell'attuale proprietario dell'immobile dal dante causa Bo. (e che, come detto, il Vi. ha provveduto ad evocare in questo grado).


2.2. Con il secondo motivo si denuncia una “inadeguata” determinazione dell'“importo sanzionatorio di € 10,00 al giorno per ogni giorno di ritardo” nella esecuzione delle opere dirette alla riduzione delle immissioni sonore, auspicandosene l'aumento sino alla somma di € 1.000,00 per ogni giorno di ritardo.


2.3. Il terzo motivo si dirige avverso la liquidazione del danno, deplorando che non sia stato riconosciuto il pregiudizio non patrimoniale da “perdita della quiete” e quello patrimoniale per la perdita di valore di godimento dell'immobile.


3. L'appello incidentale di St. Bo..


Con esso vengono formulati cinque motivi.


3.1. Il primo è diretto avverso la condanna del Bo. - in via solidale con A SC 22 Shooting - sia alla posa in opera delle misure di contenimento delle immissioni sia al risarcimento del danno, sostenendosi che la perdita da parte sua della proprietà del fondo gli renderebbe impossibile dar corso alle opere di insonorizzazione con conseguente sua carenza di legittimazione passiva.


3.2. Il secondo motivo dell'appello incidentale del Bo. censura la condanna risarcitoria a suo carico disposta dal tribunale, evidenziando che soltanto il conduttore (ossia l'associazione esercente il poligono di tiro) era passivamente legittimato di fronte alla domanda risarcitoria del Vi..


In ogni caso il Bo. sostiene che non sussisterebbero nel caso in esame gli estremi per ravvisare la sua responsabilità ex art. 2043 c.c. quale proprietario concedente in locazione l'immobile, in quanto non sarebbe, a suo dire, “sufficiente la consapevolezza, in capo al proprietario, della rumorosità dell'attività del conduttore a far insorgere l'obbligo di attivarsi per eliminare le immissione rumorose, essendo necessario un contributo attivo, totalmente assente nel caso in esame”, in quanto “- al momento dell'apertura il poligono aveva già effettuato tutte le opere di coibentazione; - nel contratto di locazione intercorso tra Bo. e A SC Shooting era previsto esplicitamente all'art. 5 che spettava alla conduttrice società A SC Shooting Club provvedere, a sua cura e spese, alla manutenzione ordinaria delle strutture e degli apparati installati e della parte locata, nonché alla fornitura di tutti i servizi necessari per svolgere la propria attività; - il comune aveva dato tutte le autorizzazioni del caso”.


3.3. Il terzo motivo formulato dal Bo. lamenta la omessa pronuncia e comunque la omessa motivazione in ordine alla richiesta di manleva formulata nei confronti di A SC Shooting.


3.4. Il quarto motivo sottopone a censura la sentenza del tribunale nella parte in cui ha ritenuto sussistente nel caso di specie il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale in capo al Vi..


3.5. Il quinto motivo ha ad oggetto la condanna in solido alle spese legali e di consulenza tecnica.


4. L'appello incidentale formulato da A SC 22 Shooting Club.


A SC Shooting si è costituita in giudizio - con unitaria difesa - con Lu. Mu. (già legale rappresentante di tale associazione) e l'impugnazione proposta è diretta avverso le valutazioni contenute nelle consulenze tecniche (acustica e medico-legale) espletate e poi condivise dal tribunale.


4.1. Dopo aver ripercorso lo svolgimento del processo di primo grado, con i vari sub procedimenti pure intercorsi fra le parti, evidenziata quella che viene definita la “esorbitante attività giudiziaria posta in essere dal sig. Vi.” e passati in critica disamina i motivi formulati dall'appellante, A SC Shooting sostiene, innanzi tutto, che il carattere abusivo dell'immobile del Vi. varrebbe a precludere per ciò solo la possibilità di effettuare le opere di insonorizzazione (“posto che sia palese il dato secondo cui l'immobile dell'appellante non sia abitabile, ne consegue che tutte le doglianze di quest'ultimo in ordine all'inquinamento acustico non siano in alcun modo fondate! Non si comprende, dunque, su che basi l'impugnate sentenza abbia condannato gli odierni appellanti a procedere con lavori di insonorizzazione laddove questi ultimi apparivano (ed appaiono anche ora) come assolutamente non necessari, in considerazione del fatto che l'immobile del Sig. Vi. è stato costruito in spregio alle regole edilizie”).


4.2. Si soggiunge che una relazione tecnica fatta redigere da esperti del settore ha evidenziato criticità nelle operazioni di accertamento delle immissioni e di loro valutazione da parte del c.t.u. del tribunale. In particolare si critica l'adozione dei criteri elaborati dall'Autorità di Protezione Ambientale (Environment Protection Authority - EPA) dello Stato federato di Victoria (Australia). Istituito nel 1971 e modificato nel luglio del 2021.


4.3. Secondo l'associazione A SC Shooting 22, inoltre, anche la relazione medico-legale presenterebbe manchevolezze ed errori, risultando essenzialmente basata “sulla disamina della relazione del 04.08.2014 redatta dal dr. Gi. Ma., neuropsicologo e psicoterapeuta e della visita specialistica del 15.09.2014 effettuata dal dott. G. Ma. e dal prof. M. Lo. dell'U.O. Medicina del Lavoro di Padova”, senza alcun precedente riscontro.


5. Eccezioni di inammissibilità


Vanno disattese le eccezioni di inammissibilità dell'appello principale formulate dalla difesa di A SC Shooting.


5.1. Quella basata sul richiamo dell'art. 348 bis c.p.c. deve ritenersi preclusa dall'ulteriore svolgimento del processo di appello, sancendo l'art. 348 ter c.p.c. che l'ordinanza di inammissibilità deve essere adottata “prima di procedere alla trattazione” e, dunque, non oltre l'udienza di cui all'art. 350 c.p.c. (cfr. Cass. 14696/2016).


5.2. L'eccezione basata sulla violazione delle previsioni di cui all'art. 342 c.p.c. è, del pari, infondata, in quanto - anche tenuto conto dell'insegnamento di Cass. ss.uu. 27199/2017 - l'atto di citazione presenta in maniera chiara le parti della sentenza che intende sottoporre a censura, così come le ragioni che - ad avviso dell'appellante - evidenziano la fallacia della motivazione spesa dal tribunale sul punto, come si è avuto modo di osservare nella esposizione dei motivi di appello di cui innanzi.


6. Disamina delle questioni sollevate con gli appelli.


È opportuno procedere nella trattazione dei motivi di appello secondo l'ordine logico-giuridico delle questioni con gli stessi sollevate e, a tal fine, ne va stilato un loro gradato elenco. In tale chiarita prospettiva si procederà alla successiva disamina delle seguenti questioni:


6.1. accertamento della intollerabilità delle immissioni sonore,


6.2. statuizioni inerenti alla realizzazione delle opere di insonorizzazione,


6.3. danni di natura patrimoniale,


6.4. danni di natura non patrimoniale;


6.5. giudizio di imputazione soggettiva della responsabilità.


6.1. L'accertamento della intollerabilità delle immissioni sonore provenienti dal fondo nel quale è installato il poligono di tiro gestito da A SC Shooting è stato compiuto dal tribunale sulla scorta delle indagini tecniche officiosamente espletate in prime cure.


Avverso tali consulenze tecniche sono rivolte le doglianze formulate da A SC Shooting, sostenendosi l'erroneità del parametro di riferimento assunto dai consulenti dell'ufficio To. e Du., vale a dire delle linee guida diramate dall'Autorità di protezione ambientale (EPA) dello stato di Victoria (Australia) non valevoli per l'Italia e neppure rispondenti al quesito sottoposta dal giudice, che faceva riferimento alla “normativa quadro nazionale in materia di emissioni”. Inoltre, secondo A SC Shooting, recependo correttamente le direttive EPA, alla stregua delle rilevazioni effettuate dalla c.t.u. redatta dal dott. Du. si dovrebbe nondimeno escludere il superamento delle soglie di tollerabilità.


L'appellante incidentale soggiunge che, facendo applicazione del “limite individuato dalla normativa vigente applicabile (55db(A) ex DPCM 14/11/!997 art. 2 tab. 2) ed applicabile ai fabbricati limitrofi, insistenti in territorio di classe III” le emissioni rilevate [43,5 db (A)] si collocherebbero al di sotto di tale soglia.


La doglianza non è meritevole di accoglimento.


La relazione stilata dal dott. To. ha cura, sin dal suo incipit, di chiarire i possibili criteri da adottare al fine di verificare il carattere intollerabile o meno delle immissioni sonore, indicando il criterio c.d. differenziale (d.p.c.m. 19/11/1997), il criterio c.d. comparativo o dei 3 dB sul rumore di fondo, correntemente adottato in sede giudiziaria, e il criterio c.d EPA Victoria, Australia. L'esperto dell'ufficio ha poi proceduto alle prove di rilevazione con adozione di tutti e tre i criteri indicati.


Nelle sue conclusioni il dott. To. ha avuto modo di esporre gli esiti delle misurazioni effettuate e le valutazioni in ordine all'appropriatezza dei criteri adottati: “Il criterio differenziale è stato preso in considerazione poiché rappresenta il principale strumento di valutazione messo a disposizione dalla normativa nazionale richiamata dall'articolo 6 ter della Legge 13/2009 e, coerentemente, dal quesito del GI, Ill.ma dott.ssa Fe. Fi.. Dalle analisi effettuate emerge che, anche considerando uno scenario particolarmente gravoso (30 colpi di fucile o di pistola al minuto), i livelli sonori equivalenti di rumore ambientale sono ben al di sotto della soglia di applicabilità del limite (dai 10 ai 15 dB in meno); secondo tale prospettiva, pertanto, l'attività della resistente è ampiamente compatibile dal punto di vista acustico.


In ragione, però, delle peculiari caratteristiche fisiche delle immissioni oggetto della presente indagine (sorgente sonora altamente impulsiva), il criterio differenziale, validamente utilizzato nella maggior parte dei casi che ordinariamente si possono incontrare, non si presta a costituire un idoneo metodo di valutazione”.


Con riferimento al criterio comparativo (o dei 3 dB sul rumore di fondo) l'esperto ha riferito che “l'analisi condotta secondo tale metodo di valutazione denuncia una spropositata incompatibilità acustica dell'attività della resistente (dai 12 ai 17 dB di sforamento del limite)”, ma ha osservato che si tratta di criterio che “dimostra anche nella presente fattispecie di non costituire un idoneo metodo di valutazione”.


Attesa la specifica caratteristica dell'immissione rumorosa da colpi da sparo (vale a dire “sorgenti sonore altamente impulsive”: v. relazione, pag. 5) il c.t.u. ha ritenuto “necessario individuare ed utilizzare un metodo di valutazione che renda ragione delle speciali caratteristiche fisiche del fenomeno sonoro rappresentato dagli spari”, proponendo “il criterio EPA Victoria (Autorità per la Protezione dell'Ambiente australiana), che ha portato a riscontrare un superamento oggettivo del limite di 3 dB, in buon accordo con la sensazione/valutazione soggettiva esperita nel corso delle indagini; il suddetto esito deve essere considerato cautelativamente, data l'influenza delle condizioni meteorologiche (in particolare, velocità e direzione del vento) sui risultati di misurazioni condotte a distanze di diverse centinaia di metri dalla sorgente”.


Dalla relazione stesa dal consulente dell'ufficio emergono in maniera chiara non solo le - invero condivisibili - motivazioni tecniche che sottostanno alla adozione del criterio EPA, sostanzialmente incentrate sulla peculiarità della sorgente del rumore (spari da armi da fuoco), tale da consigliare un approccio specifico nel rilevare la intollerabilità delle immissioni stesse.


Le doglianze veicolate con l'appello di A SC Shooting non sono in grado di apprestare motivate e convincenti critiche alle risultanze e agli opinamenti contenuti nella relazione tecnica ove è stato ampiamente dato ragione del ricorso al criterio EPA, siccome specificamente ideato per la tipologia di rumori per cui è causa. Dalla relazione del c.t.u. emerge altresì che - in ogni caso - anche adottando il criterio c.d. comparativo, del pari l'entità delle immissioni provenienti dal poligono eccede (e notevolmente) il limite dei 3 dB.


La stessa formulazione delle doglianze sollevate con l'appello di A SC Shooting è già di per sé sola considerata, non di rado spiccatamente perplessa. Con essa infatti quale si affaccia “il dubbio di una possibile sovrastima dei dati usati in fase di analisi” o che l'esame “non sembra rispondere alle modalità previste da EPA” ovvero ancora che “non sembra riscontrarsi nel documento CTU alcun richiamo precisamente misurato ed espresso rispetto condizioni meteorologiche e ambientali presenti durante le operazioni di rilevazione”.


Quanto poi alla deduzione secondo cui “non è chiaramente indicato l'approccio metodologico usato”, si tratta di assunto che trova smentita nelle motivazioni tecniche che l'esperto dell'ufficio ha diffusamente svolto nella sua relazione per esplicitare la preferenza per il criterio EPA (v. § 2, § 4, § 7, nonché a pag. 16 ss, in risposta ai rilievi dei consulenti delle parti).


Va in proposito ricordato che, secondo le direttive emergenti dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 25 gennaio 2006 n. 1418; Cass. 27 gennaio 2003, n. 1151; Cass. 18 aprile 2001, n. 5697; Cass. 3 agosto 2001, n. 10735; Cass. 29 ottobre 2015, n. 22105; Cass. 12 maggio 2015, n. 9660; Cass. 3 luglio 2014, n. 15223; Cass. 6 novembre 2013, n. 25019; Cass. 5 agosto 2011, n. 17051, cit.; Cass. 17 gennaio 2011, n. 939; Cass. 8 marzo 2010, n. 5564; Cass. 31 gennaio 2006, n, 2166; Cass. 29 aprile 2002, n. 6223; Cass. 13 settembre 2000, n. 12080; Cass. 6 giugno 2000, n. 7545; Cass. 18 gennaio 2017 n. 1069; Cass. 20 gennaio 2017 n. 1606), fermo restando che i limiti dettati dalle norme di settore (D.P.C.M. 1° marzo 1991, L. n. 447/1995, e, in attuazione di quest'ultima, i successivi D.P.C.M. 14 novembre 1997 e d.P.R. 18 novembre 1998) costituiscono, comunque, un parametro di riferimento ai fini della valutazione di tollerabilità delle immissioni, se il superamento delle soglie previste da tale normativa determina violazione dell'art. 844 c.c. e illiceità delle immissioni stesse, da ciò non si può desumere che il loro rispetto fondi una presunzione di liceità delle medesime. Per converso la disciplina di settore in materia di immissioni ha un ambito applicativo distinto dalla disciplina civilistica, nel senso che la prima, in quanto perseguente finalità di carattere pubblicistico, opera nei rapporti "verticali" tra p.a. e privati, non escludendo, pertanto, l'applicabilità dell'art. 844 c.c. e il conseguente giudizio in concreto del giudice nei rapporti tra soli privati.


Il c.t.u. ha chiaramente esposto che, sotto un profilo tecnico “nessuno dei due criteri invocati (comparativo e differenziale) si adatta a descrivere in qualche modo le caratteristiche fisiche (molto) peculiari della sorgente sonora in esame (spari da arma da fuoco)” e che “il criterio scelto (EPA Victoria) è stato appositamente concepito dall'Autorità per la Protezione dell'Ambiente australiana per rappresentare il potenziale disturbante in casi come quello che qui ci occupa”. Il che da un lato fornisce un positivo e condivisibile responso tecnico alla questione e, dall'altro, vale a escludere ogni necessità di ulteriori approfondimenti istruttori in proposito che si rivelerebbero del tutto superflui.


Ciò posto, a fronte dell'accertato superamento delle soglie di tollerabilità secondo parametri (EPA) specificatamente destinata alla tipologia di fonti sonore come quelle per cui è causa (superamento constatato anche dalla successiva relazione tecnica a cura del dott. Du.) e peraltro anche del criterio c.d. comparativo, si evidenzia la inconsistenza della doglianza in disamina che pretenderebbe di annettere decisiva ed esclusiva rilevanza al criterio di cui al d.p.c.m. 14/11/1997.


Il motivo è respinto.


6.2. Una volta verificata la sussistenza di immissioni sonore eccedenti la normale tollerabilità, l'ulteriore questione da affrontare è quella relativa alle opere da realizzare per l'eliminazione o il contenimento di esse.


6.2.1. A tal fine occorre prendere in disamina la rilevanza della circostanza relativa alla natura abusiva dell'immobile del Vi., che - secondo gli appellanti incidentali - varrebbe sic et simpliciter a precludere la questione circa il compimento dei lavori di insonorizzazione.


Non pare alla corte che la natura abusiva dell'immobile possa comportare una sorta di sanatoria dell'illecito realizzato con l'immissione di rumori eccedenti la normale tollerabilità.


Va in tal senso evidenziato che non si tratta neppure di immobile costruito su di un'area per la quale era prevista all'epoca la totale inedificabilità, essendo in presenza unicamente di non legittime modifiche ad un corpo edilizio risalente al 1900 [v. relazione c.t.u. pagina 5: “Il sottoscritto CTU ha richiesto il Certificato di Destinazione Urbanistica dal quale risulta che il fabbricato, e il suo lotto di pertinenza, ricade all'interno di una “fascia di rispetto di elettrodotto”, normata dall'art. 22 delle Norme Tecniche di Attuazione, che prevede una totale inedificabilità e, quindi, nessuna possibilità di ampliamento o cambio di destinazione d'uso. A fronte delle verifiche svolte, allo stato attuale, risulta che il fabbricato è difforme rispetto alla planimetria catastale (unico documento ritenuto valido) e pertanto vi è la necessità di predisporre una pratica di sanatoria edilizia che rappresenti fedelmente lo stato di fatto messo in relazione con la planimetria catastale con relativa tavola comparativa. il fabbricato è difforme rispetto alla planimetria catastale (unico documento ritenuto valido) e pertanto vi è la necessità di predisporre una pratica di sanatoria edilizia che rappresenti fedelmente lo stato di fatto messo in relazione con la planimetria catastale con relativa tavola comparativa”].


Ne viene che - agli effetti che sotto l'evidenziato profilo rilevano - la circostanza che l'edificio, risalente ai primi del '900, abbia subito delle non consentite modifiche (peraltro, secondo quanto riferisce il c.t.u., sanabili) non vale a scriminare l'attività illecita posta in essere con l'immissione di rumori eccedenti la normale tollerabilità.


6.2.2. Ciò posto, l'accertato superamento del limite di normale tollerabilità (v. supra n. 6.1.) comporta la necessità di procedere alla installazione delle opportune opere per la riduzione delle immissioni eccessive rispetto al limite di cui all'art. 844 c.c.


Neppure si riscontrano negli appelli specifiche e motivate critiche alle soluzioni contenute nell'elaborato degli ausiliari del giudice di primo grado, alle quali ha fatto richiamo la sentenza appellata (“i rimedi possibili individuati dal CTU To. sono stati tradotti nel progetto esecutivo del CTU Du. non ancora spontaneamente attuato”: sentenza appellata, pag. 11).


Nella relazione del c.t.u. dott. Du. le soluzioni proposte (realizzazione di una completa chiusura dell'area di tiro corto, e di una parziale schermatura dell'area a tiro lungo) sono esposte in maniera chiara e puntuale.


Ne viene che le doglianze in proposito mosse con l'appello incidentale di A SC Shooting non possono trovare accoglimento e merita conferma la statuizione relativa alle opere da realizzare per la riduzione delle immissioni eccedenti la normale tollerabilità.


6.2.3. Risulta, in parte fondata, la doglianza veicolata con il secondo motivo dell'appello principale di Vi. con il quale si auspica un aumento della sanzione accessoria ex art. 614 bis c.p.c., fissata dal tribunale in € 10,00 per ogni giorno di ritardo.


Se non può trovare accoglimento la richiesta nei termini formulati dal Vi. (€ 1.000,00 per ogni giorno di ritardo), in quanto palesemente sproporzionata ed eccessiva, è peraltro da condividere l'esigenza che il comando giudiziale sia attuato e che la misura assolva effettivamente alla funzione di indiretta coercizione. Tenuto conto che viene in rilievo anche il danno alla salute del Vi. la corte ritiene congrua la determinazione di tale misura in € 50,00 per ogni giorno di ritardo, con conseguente riforma in parte qua della sentenza appellata.


6.3. La accertata natura abusiva dell'immobile in questione ha condotto il primo giudice ad escludere il risarcimento del danno richiesto “In termini di diminuzione del valore anche locatizio dell'abitazione dell'attore” trattandosi di immobile “non commerciabile”.


Il terzo motivo di appello formulato sul punto dal Vi. sostiene l'irrilevanza della circostanza che l'immobile sia utilizzato direttamente dal proprietario e non locato a fini del riconoscimento del danno («la circostanza che il Vi. usi, anziché locare, l'immobile non fa venir meno il danno perdurante da immissioni in termini di “valore di godimento”»: appello, pag. 30). Del pari l'appellante sostiene l'irrilevanza della circostanza della non commerciabilità dell'immobile (“È irrilevante che l'abitazione del signor Vi. non possa essere venduta: il signor Vi. non ha intenzione di venderla, ha intenzione di renderla un'abitazione vivibile difendendosi dagli inquinamenti sonori.”).


In proposito va osservato che nella prospettiva propria del danno patrimoniale connesso e conseguente alla diminuzione di valore dell'immobile per la presenza delle fonti sonore limitrofe, può apprezzarsi un minor valor del bene in funzione o della immissione di esso sul mercato (e, dunque, quale diminuzione del suo valore di scambio) ovvero quale possibile fonte di frutti civili (e, dunque, quale diminuzione del valore locativo da esso ritraibile).


Nel caso in questione, nessuno dei due profili di danno può riconoscersi in favore del Vi., il quale ha - a chiare lettere - escluso di voler alienare il suo immobile così come di concederlo in locazione.


Ed invero la natura abusiva dell'immobile - come verificata dal c.t.u., ribadita dalla sentenza di primo grado e da nessuno posta in seria discussione - impedisce di poterlo valorizzare in termini di valore di scambio, trattandosi di cosa non commerciabile, come già opinato dal tribunale (Cass. 20823/2015; Cass. 26260/2007; Cass. 9345/2004).


Quanto alla possibilità di concederlo in locazione (cfr. Cass. n. 27485 del 28/10/2019), si tratta di circostanza che il Vi. ha ripetutamente e a chiare lettere escluso, deducendo espressamente di utilizzare direttamente l'immobile. La pretesa in proposito avanzata dal Vi., sull'assunto che il danno per la “minor godibilità dell'immobile anche se abitato dal proprietario” andrebbe risarcito pare confondere il piano delle conseguenze patrimoniali con quello dei pregiudizi di indole non patrimoniale tanto che indica quale inizio di decorrenza del danno le conseguenze rilevate in sede di c.t.u. medico-legale (cfr. appello, pag. 8: «La decorrenza del danno si ricava dalla ctu medicolegale: “Un siffatto quadro ha comportato un primo periodo, della durata di sei mesi dall'inizio alla esposizione alle immissioni sonore stressanti (2011), come danno biologico del 25%. Risulta giustificato ritenere che dopo tale periodo il quadro si stabilizzò comportando il sussistere di un danno biologico nella misura del 5%.»).


In difetto della allegazione in ordine alla mancata possibilità di dare in locazione a terzi l'immobile in questione (cfr. anche Cass. s.u. Sez. U, Sentenza n. 33645 del 15/11/2022), avendo l'appellante anzi espressamente dedotto di non intendere concederlo in godimento, la relativa richiesta non può trovare accoglimento e va disattesa.


6.4. Con riguardo al danno non patrimoniale la circostanza della natura abusiva dell'immobile non riveste - ad avviso della corte - alcun decisivo rilievo.


6.4.1. L'incomprimibile diritto alla salute di ognuno, infatti, non può dipendere dalla natura (abusiva o non) dell'immobile nel quale la persona si trova a soggiornare e, dunque, va senza dubbio riconosciuto il diritto del Vi. ad essere risarcito del pregiudizio di ordine biologico e morale subito in ragione delle immissioni eccedenti la normale tollerabilità, anche richiamato quanto innanzi sopra osservato con riferimento alle caratteristiche dell'immobile del Vi. (v. supra n. 6.2.1.). Non sussiste, dunque, alcuna preclusione al riconoscimento del danno alla persona derivato dalle immissioni eccedenti la normale tollerabilità.


6.4.2. Quanto alla effettiva ricorrenza di un pregiudizio alla salute conseguito al Vi. in ragione delle immissioni rumorose per cui è causa, va richiamata la valutazione in proposito operata dal consulente dell'ufficio, che accerta sulla base di ben condivisibili criteri e all'esito di una accurata indagine tecnica la sussistenza in capo al Vi. di danni ...


Né sono fondate le critiche che l'appellante incidentale crede di poter muovere agli accertamenti in proposito svolti dall'ausiliare del giudice, incentrate sulla deduzione che il c.t.u. avrebbe basato la sua valutazione “solo sulle riferite doglianze dell'attore e in alcun modo basata su seri ed oggettivi riferimenti tabellari”.


La relazione tecnica redatta dalla dott. S. Za., medico-legale incaricata dell'indagine prende le mosse dalla disamina dei dati della documentazione sanitaria, vale a dire la relazione 4-8-2014 del dott. Gi. Ma., neuropsicologo e psicoterapeuta e la relazione del 15-9-2014 redatta, a seguito di visita, dal dott. G. Ma. e dal prof, M. Lo. dell'U.O. Medicina del Lavoro di Padova, per poi svolgere tre incontri con il Vi., alla presenza dei consulenti di parte.


L'esperto dell'ufficio è dunque passato alla verifica del nesso di causalità tra le lamentate immissioni sonore e il quadro patologico lamentato, adottando i ricevuti parametri della scienza medico-legale e, pervenendo, dopo aver tenuto presente i risultati ai quali era pervenuta l'indagine tecnica effettuata dal dott. To., al suo motivato responso nel senso che “in una siffatta situazione siamo autorizzati a rispondere affermativamente a questa prima parte del quesito, specificando che il sig. Vi. Da. presenta un danno biologico conseguente all'esposizione alle immissioni sonore prodotte dal convenuto.


In particolare, i dati della documentazione sanitaria, nonché quelli emersi dal colloquio con il periziato, ci autorizzano a dichiarare che il sig. Vi. presenta una reazione ansioso- depressiva giustificatamente ascrivibile alle immissioni sonore in parola”.


La considerazione dello svolgimento dell'incarico da parte del c.t.u. e della sua ponderata disamina del caso, anche a seguito di incontri diretti con il periziando, per verificare la sussistenza del nesso causale vale a destituire di fondamento la critica mossa con il motivo di appello in rassegna che, pertanto, va respinto.


6.4.3. Quanto alla richiesta del Vi. di riconoscimento di un ulteriore posta risarcitoria a titolo di danno non patrimoniale si tratta di domanda che non può trovare accoglimento sulla base dei rilievi di seguito espressi.


È certo riconosciuto che “pur quando non rimanga integrato un danno biologico, non risultando provato alcuno stato di malattia, la lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria casa di abitazione, tutelato anche dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti umani, nonché del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, integra una lesione che non costituisce un danno "in re ipsa", bensì un danno conseguenza e comporta un pregiudizio ristorabile in termini di danno non patrimoniale” (così, fra le tante, Cass. 21649/2021).


Peraltro, nel caso di specie, mentre si è riconosciuta la sussistenza di un danno biologico, per come certificato dalla indagine tecnica espletata, non è invece dato riscontrare i presupposti per il riconoscimento dell'ulteriore pregiudizio richiesto con la doglianza in esame.


Le deduzioni e le argomentazioni svolte dal Vi. si incentrano sul “grave stress psicofisico che ha comportato fino ad oggi conseguenze biologicamente rilevanti da ritenersi verosimilmente permanenti” (appello, pag. 29 s. sub a.) non valgono invero ad evidenziare effettivi errori del primo giudice.


Con esse in buona sostanza si ribadisce quella situazione personale di “grave stress psicofisico” dell'appellante come verificata nella “relazione 4-8-2014 del dr. Gi. Ma.” (appello, pag. 29 sub a), ossia si deduce quella stessa situazione già presa in considerazione e opportunamente valutata in sede di liquidazione del danno non patrimoniale sulla scorta della espletata c.t.u. medico-legale (che, come ricordato al punto che precede, prese in disamina anche la relazione 4-8-2014 del dott. Ma.), senza che sia presente una adeguatamente circostanziata allegazione (e tanto meno dimostrazione, anche solo a mezzo di presunzioni) sulla sussistenza di ulteriori e diversi pregiudizi di indole non patrimoniale.


Ne viene che meritano conferma l'accertamento in ordine al danno alla salute patito dal Vi. in conseguenza delle immissioni rumorose provenienti dal poligono e la liquidazione operata dal tribunale, con reiezione delle doglianze contenute nel terzo motivo dell'appello del Vi., così come della analoga doglianza svolta nell'appello incidentale di A SC Shooting.


6.5. Una volta operata la ricognizione delle statuizioni meritevoli di conferma (accertamento dell'intollerabilità delle immissioni; condanna alla installazione delle opere antirumore; liquidazione del danno biologico; reiezione delle domande relative al danno patrimoniale e dell'ulteriore danno non patrimoniale) e quelle da riformare (entità della somma ex art. 614 bis c.p.c.) può procedersi alla disamina delle ulteriori questioni relative alla individuazione dei soggetti tenuti al risarcimento.


6.5.1. Opere di insonorizzazione.


Va in proposito ricordato che l'azione di natura reale, esperita dal proprietario del fondo danneggiato per l'accertamento dell'illegittimità delle immissioni e per la realizzazione delle modifiche strutturali necessarie al fine di far cessare le stesse, deve essere proposta nei confronti del proprietario del fondo da cui tali immissioni provengono e può essere cumulata con la domanda verso altro convenuto, per responsabilità aquiliana ex art. 2043 cod. civ., volta ad ottenere il risarcimento del pregiudizio di natura personale da quelle cagionato (Cass., Sez. Un., 27 febbraio 2013, n. 4848). Quest'ultima domanda risarcitoria va proposta secondo i principi della responsabilità aquiliana e cioè nei confronti del soggetto individuato dal criterio di imputazione della responsabilità; quindi nei confronti dell'autore del fatto illecito (materiale o morale), allorché il criterio di imputazione è la colpa o il dolo (art. 2043) e nei confronti del custode della cosa (nella specie l'immobile) allorché il criterio di imputazione è il rapporto di custodia ex art. 2051 c.c.


La disciplina fissata dall'art. 111 c.p.c. per le successioni a titolo particolare nel corso del processo stabilisce il principio della continuazione del processo tra le parti originarie, prevedendo la facoltà per il successore a titolo particolare di intervenire nel processo.


Ciò premesso, va constatato che nella presente controversia l'azione di natura reale è stata correttamente esperita nei confronti di colui che, al momento dell'inizio di questa contesa era il proprietario (Bo.) del fondo dal quale si assumevano provenire le immissioni.


Nel corso del processo è avvenuta la vendita del fondo dal quale provengono le immissioni dallo Sboaggian a Lu. Mu..


Tale successiva alienazione in corso di causa dell'immobile ove viene svolta l'attività rumorosa non può essere apprezzata che alla stregua del criterio stabilito dall'art. 111 cit.


E, in tale chiarita prospettiva, va preso atto che, nel caso che ne occupa, l'acquirente del fondo (Lu. Mu.) è già presente in questo grado di giudizio, essendosi costituito in causa unitamente all'associazione A SC Shooting.


Ne viene che, dalla combinata considerazione della disciplina dell'art. 111 c.p.c. e della circostanza della presenza in questo processo dell'avente causa, attuale proprietario dell'immobile, la pronuncia relativa alla condanna alla installazione delle opere non può che ora intendersi riferita all'attuale proprietario del fondo, che pure è parte, come detto, di questo processo.


6.5.2. Escluso, per quanto innanzi motivato, il risarcimento dei danni patrimoniali, si tratta di apprezzare la legittimazione passiva relativamente alla domanda risarcitoria riconosciuta al Vi., vale a dire quella inerente al danno alla salute, nella misura già liquidata dal tribunale.


6.5.2.1. E, con riguardo ai profili risarcitori connessi e conseguenti alla domanda ex art. 2043c.c. la legittimazione passiva va ravvisata, secondo quanto innanzi pure ricordato (n. 6.5.1.), nell'autore del danno e nei soggetti che con costui abbiano concorso alla produzione del pregiudizio o possano essere comunque tenuti a risponderne.


Al risarcimento di tale pregiudizio deve dunque essere condannata, innanzi tutto, l'associazione sportiva esercente il poligono di tiro, autrice delle immissioni sonore causa del pregiudizio arrecato all'appellante principale.


6.5.2.2. Quanto al proprietario del fondo ove è sito il poligono o, più correttamente, il precedente proprietario, St. Bo., va osservato che la posizione di costui richiede la disamina, innanzi tutto, della sussistenza della sua responsabilità nella qualità di proprietario per i danni alla salute patiti dal Vi. e come sopra accertati originati dalla condotta posta in essere dal conduttore del fondo del Bo..


Sul punto il tribunale ha ravvisato la responsabilità del proprietario del fondo osservando che “nella vicenda oggi all'esame, deve confermarsi che il proprietario potesse prevedere, con l'ordinaria diligenza, che la società conduttrice avrebbe con ragionevole certezza provocato immissioni connaturate all'attività svolta e che, per le loro caratteristiche e intensità, potevano facilmente essere percepite come intollerabili”.


La legittimazione passiva, dunque, astrattamente va ravvisata, mentre si impone la verifica della sussistenza in concreto dalla responsabilità aquiliana ritenuta dal primo giudice.


Il criterio alla luce del quale condurre il giudizio di responsabilità nell'indicata veste di proprietario è individuato dalla scorte, già da molti anni, a partire dalla sentenza delle sezioni unite n. 2711 del 21/07/1969, con la quale è stato insegnato che nell'ipotesi in cui le immissioni moleste siano prodotte dal detentore d'un immobile, l'eventuale sussistenza della legittimazione passiva del proprietario di questo, non ne comporta l'automatica responsabilità per il risarcimento dei danni, essendo, all'uopo, necessaria la sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa e del nesso oggettivo di causalità (e non di mera occasionalità) fra la concessione dell'immobile al terzo ed i danni subiti dal fondo contiguo.


In applicazione di questo principio, la s. corte ha quindi affermato che "in materia di immissioni intollerabili, allorché le stesse originino da un immobile condotto in locazione, la responsabilità ex art. 2043 c.c., per i danni da esse derivanti può essere affermata nei confronti del proprietario, locatore dell'immobile, solo se il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non già per avere omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari ad impedire pregiudizi. a carico di terzi" (Sez. 3, Sentenza n. 11125 del 28/05/2015);


Come osserva la motivazione di Cass. 4908/2018 (riportata quasi alla lettera a pagina 4 della comparsa conclusionale del Bo.): «la colpa civile rilevante ai fini dell'art. 2043 c.c. può consistere tanto nella violazione di precetti giuridici (legge, regolamenti, contratti), quanto nella violazione di regole di comune prudenza;


nel primo caso, l'accertamento della colpa esige la previa individuazione della regola giuridica che il presunto responsabile avrebbe dovuto rispettare, e che non rispettò;


nel secondo caso, l'accertamento della colpa aquiliana esige che si stabilisca previamente quale sarebbe dovuta essere la condotta prudente da seguire, in funzione delle circostanze e della qualità soggettiva dell'agente: ciò vuol dire che dall'uomo comune sarà esigibile la diligenza del bonus paterfamilias, e dall'imprenditore commerciale quella dell'homo eiusdem .eneris et condicionis, secondo la regola generale dettata per qualsiasi tipo di obbligazione, ivi comprese quelle da fatto illecito, dall'art. 1176 c.c., (sulla necessità che anche la colpa aquiliana sia valutata in base ai criteri di diligenza dettati dall'art. 1176 c.c., commi 1 e 2, si veda ex multis Sez. 3, Sentenza n. 2639 del 10/03/1998)».


Verificata l'insussistenza di norme positive o contrattuali, si tratta di accertare la “condotta diversa” che un astratto proprietario di immobili "diligente" avrebbe tenuto, vale a dire “o rifiutare la locazione, o recedere dal contratto, posto che sarebbe inesigibile dal locatore, obbligato a garantire il pacifico godimento della cosa locata, una manus iniectio sul conduttore volta ad impedirgli” la produzione delle immissioni rumorose.


Per potere affermare la sussistenza d'una colpa aquiliana del proprietario, dunque, occorre accertare in punto di fatto se, al momento della concessione in locazione dell'immobile ad A SC Shooting lo Bo. potesse o meno prevedere con l'ordinaria diligenza, alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, che la associazione conduttrice avrebbe con ragionevole certezza arrecato danni a terzi, provocando immissioni intollerabili.


Il giudizio di responsabilità va pertanto condotto sulla base della indicata regola ("il proprietario d'un immobile concesso in locazione non risponde dei danni provocati dal conduttore in conseguenza di immissioni sonore intollerabili, a meno che non si accerti in concreto che, al momento della stipula del contratto di locazione, il proprietario avrebbe potuto prefigurarsi, impiegando la diligenza di cui all'art. 1176 c.c., che il conduttore avrebbe certamente recato danni a temi con la propria attività").


Si tratta dunque di accertare se, al momento in cui il Bo. concesse in locazione il proprio immobile alla A SC Shooting, potesse o non potesse prevedere con l'ordinaria diligenza, alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, che la società conduttrice avrebbe con ragionevole certezza arrecato danni a terzi, provocando immissioni intollerabili.


Mette conto prendere le mosse dal tenore del contratto di locazione stipulato fra il Bo. e A SC Shooting il 2-1-2012, contratto nel quale è chiaramente indicata la destinazione a poligono di tiro (v. art. 5) alla quale la conduttrice avrebbe destinato l'immobile, così come la previsione dell'espresso scioglimento del contratto in caso di mancato conseguimento di tutte le autorizzazioni necessarie per lo svolgimento dell'attività designata (cfr. art. 3), che rappresentava dunque uno scopo indefettibile per l'associazione conduttrice.


Il Bo. sostiene che non fosse per lui prevedibile con l'ordinaria diligenza al momento della conclusione del contratto di locazione che A SC Shooting avrebbe posto in essere le immissioni acustiche intollerabili, in quanto: - il poligono “aveva già effettuato tutte le opere di coibentazione”; - nel contratto di locazione era previsto che spettava alla conduttrice di provvedere alla manutenzione delle strutture e degli apparati installati; - il Comune aveva dato tutte le autorizzazioni del caso.


Sennonché non solo non risultano idonei riscontri probatori alle allegazioni del Bo. in merito alla effettuazione delle opere di “coibentazione”, ma è certo che - quand'anche fossero state poste in essere tali opere - si tratterebbe di opere del tutto inidonee a contenere le immissioni sonore se, come sopra si è avuto modo di osservare, è stato acclarato il netto superamento del limite. E, dunque, è ravvisabile un profilo di colpa in capo al proprietario che ha concesso in locazione ad un soggetto dichiaratamente intenzionato a svolgere nel fondo assunto in locazione un'attività (poligono di tiro) che, implicando un uso di armi da fuoco, notoriamente produce in continuazione immissioni rumorose di particolare intensità, senza verificare l'adozione delle misure minime per contenere tali immissioni.


Per il periodo fino al quale il fondo non è passato in proprietà del Mu., dunque, va senza dubbio ravvisata la responsabilità ex ar. 2043 c.c. del Bo. e la sentenza sul punto merita pertanto conferma.


6.5.3. Con riferimento alla domanda di manleva formulata dal Bo. nei confronti di A SC Shooting in effetti il tribunale non ha provveduto su tale - pur proposta - richiesta e la doglianza in proposito svolta dall'appellante incidentale è fondata.


La domanda di manleva è, per quanto di ragione, fondata, essendo l'Associazione A SC Shooting la autrice materiale delle immissioni e il maggior colpevole del danno prodotto al Vi. e rivestendo il Bo. un ruolo meramente di agevolatore del fatto illecito per sua non idonea verifica dell'apprestamento da parte di quel conduttore delle opere necessarie a mitigare le immissioni rumorose.


Nella ripartizione interna la quota di responsabilità in capo all'Associazione sportiva va individuata nella misura di 2/3, dovendosi imputare la residua quota di 1/3 in capo al Bo..


Va pertanto accolta la domanda del Bo. di regresso nei confronti di A SC Shooting limitatamente alla quota di 2/3 e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, va dunque accertato il diritto del Bo. a rivalersi nei confronti di A SC Shooting per la quota di 2/3 di quanto pagato al Vi. in ragione dei danni conseguenti alle immissioni sonore.


7. Conclusioni


In definitiva, in forza di quanto innanzi, con specifico riguardo ai motivi di appello proposti dalle parti va ritenuto quanto segue.


7.1. Appello Vi.


7.1.1. Va respinto il primo motivo di appello del Vi., da ritenersi superato alla stregua di quanto innanzi osservato sull'operatività nel caso in questione della previsione di cui all'art. 111 c.p.c.


7.1.2. Va accolto, per quanto di ragione, il secondo motivo con rimodulazione della misura ex art. 614 bis c.p.c. nella somma di € 50,00 per giorno di ritardo.


7.1.3. Va respinto il terzo motivo diretto ad un più ampio risarcimento del danno, sia patrimoniale che non patrimoniale.


7.2. Appello A SC Shooting 22


Va respinto l'appello proposto da A SC Shooting sia per quanto attiene alla realizzazione delle opere sia per quanto riguarda gli accertamenti compiuti dal tribunale, sulla scorta delle espletate consulenze tecniche d'ufficio, circa la non tollerabilità delle immissioni e il danno non patrimoniale.


7.3. Appello Bo.


7.3.1. Il primo motivo di appello del Bo. è privo di pregio, dovendosi unicamente precisare che la condanna alla costruzione delle opere, a seguito della cessione medio tempore della proprietà del fondo e in forza della previsione dell'art. 111 c.p.c., deve intendersi riguardare il Mu., peraltro presente in questo giudizio.


7.3.2. Il secondo motivo con il quale ci si duole della natura solidale della condanna deve respingersi, alla luce del giudizio di responsabilità operato con specifico riguardo alla posizione del proprietario del fondo dal quale provengono le immissioni rumorose che lo abbia concesso in locazione.


7.3.3. Il terzo motivo che denuncia l'omessa pronuncia sulla domanda di manleva è fondato e va accolto, con accertamento del diritto del Bo. a rivalersi sull'A SC Shooting per la quota di 2/3 di quanto lo stesso abbia pagato al Vi..


7.3.4. Il quarto motivo, diretto a contestare la condanna del Bo. al risarcimento del danno non patrimoniale va respinto.


7.3.5. Il quinto motivo, relativo alla regolamentazione delle spese processuali e di c.t.u., va preso in esame alla luce della parziale riforma della sentenza appellata, che impone una rivisitazione del capo relativo alla ripartizione degli oneri di lite alla stregua dell'esito complessivo della controversia.


8. Regolamentazione delle spese processuali.


Sulla scorta dell'indicato principio, le spese processuali nei rapporti fra l'appellante principale Vi., da un lato, e A SC Shooting e Bo., dall'altro, considerato l'esito della controversia fra queste parti, vanno dichiarate compensate per la quota di 1/3, mentre i residui due terzi di esse vanno posti a solidale carico di A SC Shooting e Bo..


Nei rapporti fra A SC Shooting e Bo. va constatata la soccombenza della associazione per la quota di 2/3 e nella stessa misura va condannata alla rifusione delle spese, compensata la residua quota, come compensate quelle sostenute da Lu. Mu..


Alla liquidazione delle spese si provvede come da dispositivo, con applicazione dei valori medi del d.m. 55/2014 previsti per le cause di valore indeterminabile di bassa complessità e in ragione delle attività effettivamente espletate in questo grado.


Le spese inerenti alle consulenze tecniche d'ufficio espletate, vanno poste a solidale carico del Bo. e di A SC Shooting 22.


PQM

per questi motivi

definitivamente decidendo sugli appelli principale e incidentali, rispettivamente proposti da Da. Vi., St. Bo. e A SC 22 Shooting Club, avverso la sentenza n. 1522/2021 del tribunale di Padova, in parziale riforma di tale sentenza, che per il resto conferma, così provvede:


1.) accerta che la condanna stabilita nella sentenza appellata a carico di St. Bo. di cui al capo b) del dispositivo deve intendersi - a seguito dell'acquisto del fondo da parte di Lu. Mu. - a carico di costui;


2.) stabilisce in € 50,00 (anziché in € 10,00) la somma dovuta ex art. 614 bis c.p.c. per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione delle opere di cui al capo b) della sentenza impugnata;


3.) dichiara tenuta e condanna A SC 22 Shooting Club, in persona del suo presidente pro tempore, a tenere indenne St. Bo. di quanto dallo stesso pagato a Da. Vi. in forza della sentenza di primo grado limitatamente alla quota di 2/3;


4.) dichiara compensate fra le parti Vi. e Bo.- A SC 22 Shooting Club le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio nella misura di 1/3, condannando, fra loro in solido, St. Bo. e A SC Shooting 2000 in persona del presidente pro tempore, a rifondere a Da. Vi. i residui due terzi di tali spese, che liquida, per l'intero, quanto al primo grado, nella misura tassata dal tribunale nella sentenza appellata e, quanto al presente grado, in € 6.946,00 per compenso ed € 799,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% del compenso e degli oneri fiscali e previdenziali come per legge dovuti;


5.) dichiara compensate per la quota di 1/3 le spese processuali fra St. Bo. e A SC 22 Shooting Club e condanna quest'ultima a rifondere al Bo. i residui due terzi di tali spese, che liquida, per l'intero, quanto al primo grado, in € 7.616,00 per compenso e quanto al presente grado in € 6.946,00 per compenso, oltre - per entrambi i gradi - al rimborso delle spese generali nella misura del 15% del compenso e degli oneri fiscali e previdenziali come per legge dovuti;


6.) dichiara compensate le spese inerenti alla posizione di Lu. Mu.;


7.) pone le spese inerenti a tutte le consulenze tecniche d'ufficio espletate, come liquidate con separati provvedimenti, a solidale carico - ciascuno per la metà - di A SC 22 Shooting Club e St. Bo.


Venezia, 17 gennaio 2023.


DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 7 FEB. 2023.

Immissioni di rumore moleste

 Sentenza Tribunale Napoli sez. IV, 29/06/2022, (ud. 14/06/2022, dep. 29/06/2022), n.6518

 Fatto 


MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Va premesso che la presente sentenza è redatta senza lo svolgimento del processo in ossequio alla nuova formulazione degli artt. 132 comma 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. per effetto delle modifiche introdotte dagli artt. 45 e 52 dalla legge n. 69 del 18/6/09, in vigore dal 4.07.2009.


Tanto premesso va rilevato che le attrici in epigrafe generalizzate, per i motivi indicati nell'atto di citazione, hanno convenuto in giudizio R. R. e La N SF s.r.l. per sentire accogliere le seguenti domande:


1. Accertare ai sensi degli artt. 833 e ss e 844 c.c. e degli artt. 2043 e 2051 c.c. ed 8 della CEDU il diritto delle sig.re G. M.R., C. A.M. e C. V. a non subire alcuna immissione proveniente dall'immobile di proprietà della sig.ra R. R. sottoposto a quello di proprietà C./G. M.R. ed in ogni caso la mancanza di qualsivoglia servitù a carico dell'immobile in proprietà delle istanti;


2. Per l'effetto condannare la sig.ra R. R. e La N SF s.r.l., in solido tra loro, a non adibire l'immobile, sottoposto a quello in proprietà C./G. M.R., ad uso diverso da quello legittimo ed autorizzato ( deposito);


3. Per l'effetto condannare la sig.ra R. R. e La N SF s.r.l., in solido tra loro, ovvero ognuno nelle proprie rispettive qualità e responsabilità al pagamento in favore delle sig.re G. M.R., C. A.M. e C. V. al pagamento della somma di euro 24.793,45 a titolo di danno emergente e costi sostenuti oltre alle spese ed ai costi che si documenteranno in corso di causa;


4. Per l'effetto condannare la sig.ra R. R. e La N SF s.r.l., in solido tra loro, ovvero ognuno nelle proprie rispettive qualità e responsabilità al risarcimento di tutti i danni in conseguenza delle immissioni subite dall'aprile 2015 a tutt'oggi dalle sig,re G. M.R./C. ed espressamente del danno esistenziale, biologico, morale, patrimoniale da invalidità permanente, da invalidità temporanea oltre spese mediche per l'evento lesivo di cui sopra da quantificarsi in ragione dell'espletanda CTU oltre rivalutazione monetaria dal momento dell'insorgenza del danno al soddisfo;


5. Per l'effetto condannare la sig.ra R. R. e La N SF s.r.l., in solido tra loro, ovvero ognuno nelle proprie rispettive qualità e responsabilità al pagamento di tutte le competenze e spese professionali del giudizio oltre spese generali, Iva e Cpa come per legge con attribuzione al procuratore antistatario.


Con comparsa depositata il 12.10.2019 si è costituita R. R. che ha chiesto il rigetto delle domande per inammissibilità, improcedibilità ed infondatezza delle stesse; il tutto con vittoria delle spese di lite e con attribuzione al procuratore antistatario.


Non si è costituita in giudizio l'altra convenuta, sebbene regolarmente citata. Pertanto ne è stata dichiarata la contumacia.


Concessi i termini ex art. 183 comma VI c.p.c., raccolte le prove orali ed espletata una CTU medico-legale, all'udienza del 15.02.2022, sulle conclusioni delle parti in epigrafe trascritte, la causa è stata riservata per la decisione con i termini ex art. 190 c.p.c.


QUESTIONI PROCESSUALI


La legittimazione attiva e quella passiva delle parti del giudizio


Sono provate per tabulas ( cfr. doc.affol. nn. 1 e 10 prod. parti attrici), oltre che incontestate, sia la titolarità attiva delle attrici, nella qualità di proprietarie dell'appartamento sito in Napoli alla via M., sovrastante l'attività di ristorazione ed interessata dalle immissioni, che quella passiva sia della R. R., nella qualità di proprietaria- custode di due unità immobiliari site in Napoli alla via M. che di La N SF s.r.l., nella qualità di conduttrice di detti immobili.


MERITO DELLA CONTROVERSIA


Esigenze di ordine logico impongono la disamina delle domande nello stesso ordine numerico in cui sono state proposte in quanto corrispondente all'ordine logico delle stesse.


Le domande sub 1) riportate nelle conclusioni dell'atto di citazione e reiterate in sede di precisazione delle conclusioni ( accertare ai sensi degli artt. 833 e ss e 844 c.c. e degli artt. 2043 e 2051 c.c. ed 8 della CEDU il diritto delle sig.re G. M.R., C. A.M. e C. V. a non subire alcuna immissione proveniente dall'immobile di proprietà della sig.ra R. R. sottoposto a quello di proprietà C./G. M.R. ed in ogni caso, la mancanza di qualsivoglia servitù, a carico dell'immobile in proprietà delle istanti).


Prima di esaminare il merito della domanda è opportuno sinteticamente richiamare le circostanze più significative tra quelle dedotte dalle attrici (in buona parte documentati) ed utili a ricostruire i fatti di causa.


Il 31.07.2015 (doc. 10) R. R. concludeva con la società " La N SF s.r.l." un contratto di locazione, per la durata di anni sei, ad uso diverso da quello abitativo e, precisamente, per uso commerciale, per attività di bar, ristorante e pizzeria in relazione agli immobili di proprietà della prima.


La società iniziava lavori di ristrutturazione negli immobili, particolarmente invasivi e lunghi, per i quali i condomini, tra i quali le attrici, presentavano un esposto il 22.09.215( doc. 4).


Il 9.10.2015 (doc. 6) l'amministratore del condominio faceva recapitare alla R. R. una segnalazione di esecuzione di lavori strutturarli negli immobili consistiti nell'abbassamento di 40 cm del piano di calpestio del locale senza ricevere risposta.


Si tenevano diverse assemblee condominiali per discutere della natura e della regolarità amministrativa dei lavori eseguiti presso detti immobili.


Dallo svolgimento dell'attività commerciale presso i citati beni le attrici avevano subìto, oltre ad atti emulativi per ritorsione dopo la chiusura dell'attività, anche immissioni intollerabili per l'intera giornata e per gran parte della notte.


Il 29.03.2016, nell'ambito di procedimenti penali scaturiti dalle denunce delle istanti e di altri condomini, su segnalazione di rumori molesti provenienti dal ristorante " Lo sfizio della N" da parte di C. A. interveniva, alle ore 23.30, personale di P.G. che contattava S. A., amministratore della società, il quale riferiva che avrebbe risolto il problema ( cfr. annotazione del 30.03.2016 doc. 11).


Il 30.03.2016 ( doc. 11) l'amministratore comunicava alla R. R. delle lamentele per il disagio creato dai rumori causati dallo svolgimento dell'attività commerciale presso i suoi locali senza ricevere risposta.


Il 5.04.2016 ( doc.12) C. A., a mezzo raccomandata, comunicava ai convenuti ed all'amministratore del condominio l'esistenza di vibrazioni strutturali a danno sia del suo appartamento che degli occupanti tali da rendere impraticabili ed invivibile l'immobile, non consentendo, tra l'altro, di attendere alle normali occupazioni e di riposare. L'istante indicava, per le vibrazioni, la fascia oraria tra le 17.30 e le 2.00 e, talvolta, anche la mattina ed attribuiva la fonte delle stesse in un esaustore a carboni attivi ancorato al soffitto. Pertanto chiedeva l'immediata rimozione di tale manufatto.


Il 14.09.2016 ( doc. 13) anche l'amministratore del condominio chiedeva alla R. R. di assumere tutte le iniziative per risolvere le problematiche segnalate.


Il 29.11.2016 ( doc. 14) l'argomento relativo ai rumori ed ai lavori di scavo provenienti dai locali in questione era portato all'odg dell'assemblea che non deliberava per mancanza di numero legale.


Il 22.02.2017 ( doc. 15) l'agenzia di investigazione Cobra, su incarico delle attrici diretto ad ottenere la percezione e la registrazione di rumori prodotti dall'attività commerciale per cui è causa, redigevano una relazione relativa all'attività commissionata.


Il 20.03.2017 (doc. 16) nell'ambito di un procedimento per ATP tra le attrici e la N SF s.r.l. il ctu nominato (ing. R. P.) depositava la propria relazione.


Il 13.02.2017 P. A. e R. V. (doc. 17 e 18) erano sentite a sommarie informazioni nell'ambito del procedimento penale 526364/16 RGNR.


Il 3.03.2017 personale dei CC, alle 21.50 effettuava un sopralluogo presso l'abitazione delle attrici, alla presenza di C. A., dove si tratteneva per 40 minuti ed attestava di aver constatato un lieve sibilo proveniente sicuramente dall'aspirazione del condotto riconducibile al locale monitorato. Detto rumore era definito "apprezzabile nell'androne del palazzo". I carabinieri attestavano anche che "di tanto in tanto si udiva un rumore metallico, di origine sconosciuta, simile alla caduta di una posata in ferro (3 volte)" e che "nell'abitazione della denunziante non si rilevavano altri rumori o vibrazioni".


Il 25.09.2017 l'ing. Paolo di Costanzo su incarico delle attrici redigeva un rapporto di misura fonometrico (doc. 20) relativamente agli immobili per cui è causa.


Il 20.01.2018 personale dell'ASL Napoli 1 redigeva una relazione (doc. 21) all'esito di rilevazioni fonometriche.


In data 8.2.2018 l'Ufficio Ambiente del Comune di Napoli diffidava (doc. 22) la NSF s.r.l. ad eseguire immediati ed adeguati interventi di insonorizzazione sugli impianti con isolamento delle superfici per lo sbattimento della pasta per la pizza e dell'area lavaggio stoviglie documentando al Servizio Controlli Ambientali entro 30 giorni dalla ricezione della diffida il collaudo degli idonei interventi effettuati mediante relazione tecnica.


Il 17.02.2018 alle ore 4.15, su richiesta della centrale operativa per segnalazione di rumori sospetti all'interno di un'attività commerciale, personale dei CC si recava sui luoghi di causa dove C. A. affermava di sentire rumori provenienti da un macchinario acceso posto all'interno dei locali di una pizzeria al momento chiusa. I carabinieri attestavano "che, attraverso la saracinesca un rumore presumibilmente proveniente da un macchinario industriale" (doc. 23).


A seguito di un esposto a firma di C. A. per presunti abusi edilizi negli immobili della R. R. e di sopralluoghi della P.G., iniziava un'indagine per abusi edilizi e falso nei confronti, tra gli altri, delle odierne convenute e nell'ambito di tali indagini il 20.4.2018 era effettuato un sequestro preventivo ( doc. 27) non convalidato per carenza di periculum in mora ( doc. 31).


Parallelamente all'indagine penale, con provvedimento del 21.5.2018 l'Ufficio Edilizia del Comune di Napoli ( doc. 32) avviava la procedura per la revoca delle autorizzazioni rilasciate sulla base di dichiarazioni non veritiere ed il 13.07.2018 (doc. 34) il SUEP del Comune di Napoli dichiarava l'inefficacia della CILA.


Il 10.09.2018 (doc. 39) il SUAP del Comune di Napoli dichiarava l'inefficacia della CIA inoltrata dalla società convenuta ed il 3.08.2018 ( doc. 40) il SUEP del Comune di Napoli ordinava alla R. R. il ripristino dello stato dei luoghi con l'eliminazione di tutti gli abusi commessi.


I provvedimenti amministrativi erano impugnati al Tar Campania che il 24.11.2018 ( doc. 42 e 43) rigettava le richieste di sospensiva presentate dalle convenute.


Il procedimento penale a carico, tra gli altri, delle convenute si concludeva, in primo grado, con sentenza del 7.10.2021-22.11.2021 dichiarativa della prescrizione nei confronti di entrambe ( cfr. doc.affol. n. 3 allegato alla nota di udienza del 7.2.2022).


Il 21.10.2021 (doc.affol. n. 2 allegato alle citate note di udienza) personale di polizia municipale accertata il ripristino parziale dello stato degli immobili della R. R..


Passando, dunque, ad esaminare il merito delle domande sub 1) va premesso che


la prima va necessariamente delimitata nel suo oggetto.


Ed invero le attrici hanno chiesto affermarsi il loro diritto a non subire né atti emulativi né immissioni in base al disposto degli artt.833 e 844 c.c. e degli artt. 2043 e 2051 c.c.


Ebbene che la prima delle disposizioni richiamate contempla una fattispecie diversa da quella oggetto di causa in quanto prevede il divieto di atti emulativi, cioè di condotte aventi lo scopo esclusivo di nuocere o di recare pregiudizio ad altri, in assenza di una qualsiasi utilità per il proprietario, la seconda norma sancisce un principio diverso da quello invocato dalle parti attrici. Infatti la norma stabilisce che il proprietario di un fondo non possa impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. E', dunque, evidente che non ogni o qualsiasi immissione è vietata ma solo quella che superi la normale tollerabilità.


Da tale considerazione discende l'infondatezza della successiva domanda diretta ad ottenere l'accertamento dell'inesistenza di una servitù di immissioni a carico dell'immobile delle attrici dal momento che in base, al chiaro dettato normativo il proprietario, è tenuto per legge a subire le immissioni purchè le stesse non superino la normale tollerabilità.


Pertanto chi scrive è tenuto a valutare se le attrici abbiano assolto al loro onere probatorio, in relazione all'art. 844 c.c., del compimento di atti emulativi da parte delle convenute ed, in relazione all'art. 833 c.c., della provenienza di immissioni intollerabili dagli immobili della R. R. ed oggetto dell'attività di ristorazione.


Infatti solo la dimostrata violazione dell'una o dell'altra disposizione e, quindi, di una condotta illecita ex art.2043 c.c. può far sorgere il diritto al risarcimento dei danni patrimoniali e non ( cfr. Cass.Sez. U - , Sentenza n. 2611 del 01/02/2017 ; Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 21649 del 28/07/2021;Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 11930 del 13/04/2022).


In relazione alla prima delle disposizioni citate va evidenziato che nessuna prova è stata data di una condotta emulativa, riferibile alla N SF s.r.l.e/o alla R. R. successiva al fermo dell'attività perché, nell'accesso del 17.2.2018 alle ore 4.15 il personale dei Carabinieri ha solo constatato " attraverso la saracinesca, un rumore presumibilmente proveniente da un macchinario industriale" (doc. 23). Inoltre in un successivo accesso del 9.11.2018 ( doc. allegato alla comparsa di costituzione della convenuta) personale della Polizia Locale ha accertato che l'esercizio commerciale non era in attività e che i frigoriferi e le apparecchiature erano spente.


Ben più articolata risulta la disamina della prova delle immissioni intollerabili.


Ai fini che occupano va ricordato che, secondo l'orientamento del tutto prevalente tra i Supremi Giudici ( cfr. tra le altre Sez. 2, Sentenza n. 939 del 17/01/2011; Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 1069 del 18/01/2017) "In materia di immissioni, il superamento dei limiti di rumore stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che disciplinano le attività produttive è, senz'altro, illecito, in quanto, se le emissioni acustiche superano la soglia di accettabilità prevista dalla normativa speciale a tutela di interessi della collettività, così pregiudicando la quiete pubblica, a maggior ragione esse, ove si risolvano in immissioni nell'ambito della proprietà del vicino, - ancor più esposto degli altri, in ragione della contiguità dei fondi, ai loro effetti dannosi - devono, per ciò solo, considerarsi intollerabili, ex art. 844 c.c. e, pertanto, illecite anche sotto il profilo civilistico".


Ebbene le uniche prove, fornite dalle attrici ed utilizzabili a questi fini, sono:1) le testimonianze di R. V. e di D.M. G. ( cfr. verbale di udienza del 2.02.2021); 2) le relazioni e/o le annotazioni della P.G (del 29.3.2016 e del 3.3.2017); 3) la relazione dell'ASL del 20.1.2018 e la diffida dell'Asl dell'8.02.2018; 4) la CTU espletata nell'ambito dell'ATP proposta, dalle istanti, davanti al GDP di Napoli nei confronti solo della N SF s.r.l..


Infatti, per le ragioni di seguito esposte, non può conferirsi autonomo valore probatorio nè alla relazione investigativa dell'Agenzia Cobra né alla CTP fonometrica dell'ing. Paolo Di Costanzo.


Quanto alla prima va sottolineato che secondo l'orientamento giurisprudenziale dominante il rapporto investigativo non ha di per sé valore probatorio dei fatti che vengono narrati. I documenti formati dall'investigatore possono essere qualificati come scritti provenienti da un terzo e costituiscono prove atipiche. Queste ultime, che sono quelle non incluse nel catalogo codicistico, non possono essere utilizzate per aggirare divieti o preclusioni sostanziali o processuali cioè per introdurre elementi di prova che non sarebbero ammessi o per la cui ammissione sono necessarie adeguate garanzie formali. Da tali principi, condivisi dalla scrivente, consegue che non essendo state le dichiarazioni dell'investigatore, contenute nel documento prodotto, ritualmente acquisite agli atti mediante la raccolta della prova orale dello stesso, nessun valore probatorio può conferirsi alla relazione in atti perché ammettere l'ingresso nel processo di dichiarazioni di terzi, aventi funzioni testimoniali e formate fuori dal processo vorrebbe dire violare il principio costituzionale del giusto processo, essendosi formata la prova senza il controllo del giudice e senza il contraddittorio tra le parti.


Quanto alla consulenza tecnica di parte va ricordato che, per giurisprudenza del tutto pacifica tra i Giudici di legittimità (cfr. tra le altre Cass. Sez. 2 n. 1614 del 19.01.2022), la consulenza di parte costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio.


Fatte queste doverose premesse va, altresì, sottolineato che unitamente all'atto di citazione risulta depositata una copia dell'elaborato peritale depositato il 21.03.2017 dal CTU ing. R. P. nominato nell'ambito del procedimento per ATP R.G. 41224/2016 proposto dalle attrici nei confronti della società " La N SF s.r.l.". In relazione a tale documento non sfugge alla scrivente che, oltre ad essere del tutto incompleto in quanto contenente solo le pagine dalla n. 23 alla n. 33 e non anche le precedenti, risulta depositato unitamente all'atto di citazione e di esso non è stata chiesta l'ammissione ex art. 698 c.p.c. nei termini ex art. 183 comma VI c.p.c.


Orbene, non ignorandosi che secondo l'orientamento prevalente della Suprema Corte (cfr. Cass. Sez. Sez. 2, Sentenza n. 6591 del 05/04/2016) "l'acquisizione della relazione di accertamento tecnico preventivo tra le fonti che il giudice di merito utilizza per l'accertamento dei fatti di causa non deve necessariamente avvenire a mezzo di un provvedimento formale, bastando anche la sua materiale acquisizione, ed essendo sufficiente che quel giudice l'abbia poi esaminata traendone elemento per il proprio convincimento e che la parte che lamenti la irritualità dell'acquisizione e l'impossibilità di esame delle risultanze dell'indagine sia stata posta in grado di contraddire in merito ad esse", l'assenza di tempestiva contestazione da parte della convenuta costituita in ordine alla ritualità della produzione dell'elaborato consente a questo giudice di valutare il contenuto del documento. Tuttavia, considerato che l'elaborato è del tutto incompleto nella parte relativa ai quesiti ed agli accertamenti svolti, di esso non è possibile tenere conto a fini di prova.


Passando, dunque, ad esaminare le risultanze degli accertamenti effettuati dal personale dell'ASL Napoli I Centro in data 20.01.2018 ( doc. 21) è agevole rilevare che dalle misurazioni effettuate con fonometro conforme alla normativa vigente è risultato il superamento del limite differenziale di 3,0 dB ( A) previsto dalla normativa vigente per il periodo notturno nell'abitazione di C. A. per i rumori provenienti dall'attività di ristorazione nonché la presenza di rumori in bassa frequenza e di toni puri, determinati dalle emissioni sonore anche di tipo impattivo prodotte dagli impianti dell'attività denominata " O sfizio d'a N" sita in Napoli alla via M.. A seguito di tale verifica l'Asl, contestando l'esercizio di attività con emissioni sonore superiori ai limiti di cui ai decreti attuativi della legge 447/95 e della Normativa di attuazione del Piano di Zonizzazione Acustica del Comune di Napoli, ha inviato al titolare dell'attività una diffida ad eseguire immediati ed adeguati interventi di insonorizzazione sugli impianti con isolamento anche delle superfici per lo sbattimento della pasta per la pizza e dell'area lavaggio stoviglie, documentando al Servizio Controlli entro 30 giorni il collaudo degli idonei interventi di mitigazione effettuati mediante relazione tecnica. In caso di inottemperanza è prevista la proposta di adozione di ordinanza sindacale di inibizione totale o parziale dell'attività oltre all'irrogazione di ulteriori sanzioni.


Ebbene l'esito di tali accertamenti valutati unitamente alle dichiarazioni rese da R. V. e da D.M. G. in ordine alla presenza di rumori presso l'abitazione delle attrici e provenienti dal locale oggetto di causa ed alle annotazioni di P.G., inducono a ritenere provata la riferibilità di immissioni intollerabili nel periodo compreso tra l'inizio dell'attività a marzo dell'anno 2016 ed il mese di settembre 2018 (attività definitivamente cessata a settembre 2019) provenienti dall'attività commerciale svolta dalla società convenuta nei locali di proprietà della R. R..


L'accoglimento della domanda solo in relazione al periodo successivo al mese di marzo 2016 e non anche in relazione a quello precedente, compreso tra la data di inizio dei lavori di ristrutturazione degli immobili nel 2014 e l'esercizio dell'attività di ristorazione, si fonda sulla carenza di fornita prova certa della provenienza di immissioni sonore intollerabili nel periodo in questione, avendo i testi reso dichiarazioni più circostanziate solo in ordine ai rumori conseguenti all'esercizio dell'attività commerciale.


Quindi va accolta, per quanto di ragione, solo una delle due domande sub 1).


La domanda sub 2): "Per l'effetto condannare la sig.ra R. R. e La N SF s.r.l., in solido tra loro, a non adibire l'immobile, sottoposto a quello in proprietà C./G. M.R., ad uso diverso da quello legittimo ed autorizzato (deposito).


In ordine a tale domanda va premesso che, come risulta dagli atti, gli immobili della R. R. dal 13 settembre 2019 non sono più destinati all'esercizio dell'attività di ristorazione e quindi nessuna eventuale inibitoria potrebbe essere adottata. Va, poi aggiunto che dalla documentazione prodotta (cfr. all. memoria di parte convenuta) i beni oggetto di causa risultano appartenenti alla categoria Catastale C1 comprendente, in genere, quei singoli o gruppi di locali – costituenti unità immobiliari – dove si effettua la vendita, con prevalenza al dettaglio, di merci, di manufatti, prodotti, derrate, ecc. e quei locali dove la vendita si accompagna con prestazioni di servizio come, ad esempio, trattorie e ristoranti, pizzerie, panetterie (intese come locali di vendita al minuto del pane), bar, caffè, ecc.


Quindi non è stata dimostrata la destinazione degli stessi ad un uso diverso da quello consentito.


Ne consegue il rigetto della domanda in esame.


La domanda sub 3): Per l'effetto condannare la sig.ra R. R. e La N SF s.r.l., in solido tra loro, ovvero ognuno nelle proprie rispettive qualità e responsabilità al pagamento in favore delle sig.re G. M.R., C. A.M. e C. V. al pagamento della somma di euro 24.793,45 a titolo di danno emergente e costi sostenuti oltre alle spese ed ai costi che si documenteranno in corso di causa;


La domanda sub 4): Per l'effetto condannare la sig.ra R. R. e La N SF s.r.l., in solido tra loro, ovvero ognuno nelle proprie rispettive qualità e responsabilità al risarcimento di tutti i danni in conseguenza delle immissioni subite dall'aprile 2015 a tutt'oggi dalle sig,re G. M.R./C. ed espressamente del danno esistenziale, biologico, morale, patrimoniale da invalidità permanente, da invalidità temporanea oltre spese mediche per l'evento lesivo di cui sopra da quantificarsi in ragione dell'espletanda CTU oltre rivalutazione monetaria dal momento dell'insorgenza del danno al soddisfo.


Una volta affermata la non tollerabilità delle immissioni presenti nell'immobile delle attrici va, altresì, accertato se, nel caso come quello in esame, in cui le immissioni provengano da immobili condotti in locazione, la responsabilità per eventuali danni arrecati alle attrici oltre che sul titolare dell'attività commerciale possa ricadere anche sulla proprietaria dei beni.


Giova ricordare che le Sezioni Unite della Suprema Corte, già da molti anni, hanno stabilito che nell'ipotesi in cui le immissioni moleste siano prodotte dal detentore d'un immobile, l'eventuale sussistenza della legittimazione passiva del proprietario di questo, non ne comporta l'automatica responsabilità per il risarcimento dei danni, essendo, all'uopo, necessaria la sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa e del nesso oggettivo di causalità (e non di mera occasionalità) fra la concessione dell'immobile al terzo ed i danni subiti dal fondo contiguo (Sez. U, Sentenza n. 2711 del 21/07/1969). In applicazione di questo principio i giudici di legittimità hanno, già, affermato che "in materia di immissioni intollerabili, allorché le stesse originino da un immobile condotto in locazione, la responsabilità ex art. 2043 cod. civ. per i danni da esse derivanti può essere affermata nei confronti del proprietario, locatore dell'immobile, solo se il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non già per avere omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari ad impedire pregiudizi a carico di terzi"(Sez. 3, Sentenza n. 11125 del 28/05/2015). Orbene, la colpa civile rilevante ai fini dell'art. 2043 c.c. può consistere tanto nella violazione di precetti giuridici (legge, regolamenti, contratti), quanto nella violazione di regole di comune prudenza; nel primo caso, l'accertamento della colpa esige la previa individuazione della regola giuridica che il presunto responsabile avrebbe dovuto rispettare, e che non rispettò; nel secondo caso, l'accertamento della colpa aquiliana esige che si stabilisca previamente quale sarebbe dovuta essere la condotta prudente da seguire, in funzione delle circostanze e della qualità soggettiva dell'agente: ciò vuol dire che dall'uomo comune sarà esigibile la diligenza del bonus pater familias, - e dall'imprenditore commerciale quella dell'homo eiusdem generis et condicionis, secondo la regola generale dettata per qualsiasi tipo di obbligazione, ivi comprese quelle da fatto illecito, dall'art. 1176 c.c. (sulla necessità che anche la colpa aquiliana sia valutata in base ai criteri di diligenza dettati dall'art. 1176, primo e secondo comma, c.c., si veda ex multis Sez. 3, Sentenza n. 2639 del 10/03/1998).


Applicando i principi esposti alla fattispecie in esame, ritiene questo giudice che, nella vicenda sub iudice, debba escludersi in capo alla R. R. un obbligo di vigilanza, di intervento o di veto nei confronti del conduttore che scaturisse da norme positive o contrattuali; in tanto, perciò, si sarebbe potuta affermare la sussistenza della colpa della predetta in quanto si fosse accertato che in astratto il proprietario di immobili "diligente", al posto della R. R., avrebbe tenuto una condotta diversa; la "condotta diversa" teoricamente esigibile dal proprietario d'un immobile che intenda locarlo ad uso di pubblico esercizio non potrebbe che consistere in due atti: o rifiutare la locazione o recedere dal contratto, posto che sarebbe inesigibile dal locatore, obbligato a garantire il pacifico godimento della cosa locata, una manus iniectio sul conduttore vòlta ad impedirgli di far chiasso. In definitiva, per potere affermare la sussistenza d'una colpa aquiliana della R. R., si sarebbe dovuto provare, in punto di fatto che, al momento in cui questa concesse in locazione il proprio immobile alla N SF s.r.l., potesse prevedere con l'ordinaria diligenza, alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, che la società conduttrice avrebbe con ragionevole certezza arrecato danni a terzi, provocando immissioni intollerabili.


In mancanza di tale prova s'impone il rigetto della domanda nei confronti della R. R..


A favore delle considerazioni espresse militano le seguenti considerazioni: 1) gli immobili della predetta- come si è già evidenziato- avevano ed hanno una destinazione compatibile con lo svolgimento dell'attività di ristorazione; 2) la proprietaria è venuta a conoscenza dall'amministratore del condominio e/o dalle attrici di lamentele circa la rumorosità dell'attività commerciale ma non ha, altresì, avuto mai piena contezza della fondatezza di tali lamentele dal momento che, in primo luogo, non è stata resa partecipe del procedimento per ATP dinanzi al GDP proposto solo nei confronti della società di ristorazione ed, in secondo luogo, non è stata destinataria della diffida dell'ASL dell'8.02.2018 rivolta pur'essa solo al titolare dell'attività; di conseguenza non può addebitarsi alla proprietaria alcuna omissione colposa stante l'inesigibilità di un'eventuale diffida nei confronti del conduttore a desistere dai suoi comportamenti pregiudizievoli verso terzi e/o di un obbligo di risoluzione anticipata del contratto di locazione.


Né alcun rilievo, ai fini che occupano, può conferirsi all'apertura di un procedimento penale- tra l'altro conclusosi in primo grado con una sentenza di estinzione dei reati per prescrizione- a carico anche della R. R. per reati edilizi in uno degli immobili oggetto dell'attività di ristorazione in quanto l'eventuale concorso della predetta in tali reati- tra l'altro ad oggi non dimostrato - non denota, de plano, anche la consapevolezza del carattere illecito delle immissioni rumorose conseguenti all'attività stessa.


In definitiva, per tutte le ragioni esposte, vanno rigettate le domande in esame nei confronti di R. R..


Passando, poi, all'esame del quantum delle domande nei confronti della convenuta contumace va sottolineato che le attrici, nella qualità documentata comproprietarie e non contestata di conviventi nell'immobile sovrastante quelli dai quali provenivano le immissioni, hanno proposto tali istanze sia con riferimento all'art. 844 c.c., senza che a ciò trovi ostacolo il rilievo che la detta norma è strutturata per la difesa del diritto di proprietà e non anche del diritto alla salute, che con riferimento agli artt. 2043 e 2051 c.c.


Di recente ( cfr. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 11930 del 13/04/2022 ) i Supremi Giudici hanno affermato che: " L'accertata esposizione ad immissioni sonore intollerabili può determinare una lesione del diritto al riposo notturno e alla vivibilità della propria abitazione, la cui prova può essere fornita dal danneggiato anche mediante presunzioni, sulla base di nozioni di comune esperienza, senza che sia necessario dimostrare un effettivo mutamento delle proprie abitudini di vita".


In altre decisioni ( cfr. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 21649 del 28/07/2021) hanno chiarito che:" Pur quando non rimanga integrato un danno biologico, non risultando provato alcuno stato di malattia, la lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria casa di abitazione, tutelato anche dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti umani, nonché del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, integra una lesione che non costituisce un danno "in re ipsa", bensì un danno conseguenza e comporta un pregiudizio ristorabile in termini di danno non patrimoniale".


Le attrici hanno chiesto la liquidazione sia dei danni patrimoniali, quantificati nella somma di euro 24.793,45 oltre ai costi ed alle spese successive documentate in corso di causa, che dei danni non patrimoniale in misura non quantificata.


Quanto alle prime voci di danno va sottolineato che, in base al combinato disposto di cui agli artt. 1223,2043 e 2056 c.c. il danno patrimoniale risarcibile è solo quello che costituisce conseguenza immediata e diretta del fatto illecito altrui e di esso fa parte tanto il danno emergente, consistente nella diminuzione patrimoniale cagionata al danneggiato, quanto il lucro cessante cioè il mancato guadagno.


Secondo la prospettazione difensiva delle attrici voci di danno emergente costituenti diretta conseguenza dell'invivibilità del loro appartamento per effetto delle immissioni intollerabili sarebbero rappresentate: 1) dagli esborsi per BeB pari ad euro 890,00 nel periodo dal 19.07.2017 al 22.09.2017 2) dalla somma di euro 10.545,00 corrispondente al totale dei canoni mensile di euro 600,00 per la locazione ad uso transitorio di un altro immobile per la durata di 18 mesi dal 4.10.2017 oltre ad euro 53,40 per commissioni bancarie per i pagamenti a mezzo bonifico, ad euro 1.030,40 per oneri condominiali, ad euro 824,00 per le utenze dell'immobile locato ad euro 3.141,65 per l'immobile di via C.; 3) dalla somma di euro 383,00 per l'utilizzo di taxi dal 9.2.2018 all'8.03.2019 per recarsi presso gli uffici pubblici per far valere le proprie ragioni; 4) dalle spese per l'assistenza legale nell'ATP ammontanti ad euro 2.300,00 versati all'avv. Lamberti nonché ad euro 1.830,00 per il CTP nel medesimo giudizio ed a euro 634,00 per il tecnico fonometrico oltre ad euro 500,00 per il CTU; 5) euro 1.330,00 per danni accertati con l'ATP.


Ebbene in relazione alle voci di spese sub 1), 2) e 3) non è stata fornita alcuna prova del trasferimento, prima saltuario e poi continuativo delle attrici, inizialmente presso dei BeB e successivamente presso altro immobile in ragione della prospettata invivibilità dell'immobile e quindi del carattere necessitato delle spese in questione; circostanza tra l'altro indirettamente smentita dal fatto che, per un verso, le fatture prodotte, relative ai BeB, riguardano giorni diversi, non successivi tra di loro e, di volta in volta, sono rilasciate all'una o all'altra attrice e, per un altro, dalla locazione di un altro immobile con contratto non registrato e, quindi privo di data certa, e, comunque solo da una delle tre attrici. Inoltre va rimarcato che, comunque, la durata del contratto di locazione investe un periodo (10.10. 2017- 9.4.2019) in cui risulta documentata, dalle annotazioni di servizio prodotte, la presenza di C. A. nell'appartamento di Viale M. in orario notturno e, quindi, incompatibile con la permanenza presso altro immobile della stessa insieme alle altre attrici (cfr. doc. 23 annotazione del 17.2.2018 e del 9.11.2018). Parimenti risulta del tutto carente di prova l'asserita necessità di utilizzo di taxi per spostamenti imposti dalle immissioni intollerabili. Quanto alle voci di spesa sub 4) di esse potrà eventualmente tenersi conto esclusivamente nella regolamentazione delle spese processuali attenendo al procedimento per ATP intercorso tra le parti. In ordine alla voce di spesa sub 5) va rilevato che, non potendosi utilizzare l'elaborato peritale prodotto, non risulta fornita alcuna prova della stessa.


Pertanto va rigettata la domanda sub 3).


Quanto alla domanda sub 4) ritiene la scrivente che la stessa sia stata provata, per quanto di ragione, solo da G. M.R. nei confronti della società convenuta e che, pertanto, dalle attrici nei confronti di R. R..


Ed invero, secondo le deduzioni di parte attrice, per effetto delle immissioni intollerabili, C. V. e C. A. avrebbero perso il sonno e la tranquillità mentre G. M.R., di età avanzata e già affetta da svariate patologie, sarebbe stata sottoposta ad uno stress rilevante con peggioramento di tutte le sue patologie, anche per la mancanza di sonno.


In ordine all'entità delle lesioni e alle voci di danno risarcibili, deve osservarsi quanto segue. Questo giudice condivide l'orientamento giurisprudenziale, richiamato e fatto proprio anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 233/2003 e modificato solo in parte dalla Suprema Corte nella sentenza n. 26972 dell'11/11/2008, in base al quale quest'ultima ha rilevato che il danno non patrimoniale, di cui all'art. 2059 c.c., non si identifica più con il danno morale soggettivo, bensì si colloca nel quadro di un sistema ormai bipolare del danno patrimoniale e non patrimoniale, che porta a ricomprendere nella previsione della citata norma ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona, e dunque: 1) il danno morale, inteso quale turbamento dello stato d'animo e dolore intimo della vittima; 2) il danno biologico in senso stretto, inteso come lesione dell'interesse, costituzionalmente garantito, all'integrità psicofisica della persona, conseguente anche ad un accertamento medico comprensivo del danno estetico, alla sessualità, alla vita di relazione; 3) il danno esistenziale, derivante dalla lesione di altri interessi di rango costituzionale inerenti la persona, e cioè il danno derivante dallo sconvolgimento delle abitudini di vita che costringono il danneggiato alla forzosa rinuncia allo svolgimento di attività fonte di gratificazione.


Ciò chiarito ne deriva che il danno non patrimoniale deve essere riconosciuto solo se sussistono tutti gli elementi suindicati poiché trattasi, non più, di un danno-evento bensì di un cd. danno-conseguenza (cfr. in tema sent. Cass. civ. n. 7281/2003; sent. Cass. civ. n. 7282/2003; sent. Cass. civ. n. 7283/2003; sent. Cass. civ. n. 8827/2003).


Tanto premesso va evidenziato che dalla CTU, espletata all'esito di una visita clinica delle attrici e dell'attenta disamina della documentazione medica prodotta ( relativa ad un periodo compreso tra il 28.04.2016 e l'11.03.2019) , è emerso che G. M.R. è affetta da : 1) ipertensione arteriosa con cardiopatia secondaria ed aritmia; 2) una sindrome ansioso-depressiva reattiva con disturbo post-traumatico da stress; 3) una lieve ipoacusia neurosensoriale bilaterale più accentuata nelle frequenze gravi a destra con acufeni ed un quadro di menieriforme da idrope labirintica; 4) broncopatia cronica ostruttiva; 5) tiroidite di Hashimoto; 6) artrite psoriasica anamnestica.


Il CTU, dopo aver premesso che il trauma nocicettivo cronico nella G. M.R., affetta da una condizione di ipertensione arteriosa, ha individuato una condizione di interazione concorrente ed aggravante tale patologia caratterizzata dall'insorgenza di una cardiopatia ipertensiva ed aritmia con necessità di frequenti controlli clinici cardiologici ambulatoriali, sicuramente non necessari in assenza di sollecitazione rappresentata dalla prolungata esposizione agli stimoli descritti. Sempre ad giudizio del CTU rispetto alla lieve ipoacusia bilaterale, solo gli acufeni posso considerarsi quale unica possibile conseguenza dell'esposizione prolungata alle immissioni acustiche, visto che il termine acufene ( che indica il disordine per il quale i rumori vengono percepiti in assenza di un corrispondente stimolo acustico esterno) è solitamente registrato alle frequenze uguali o superiori a 3000 Hz con intensità compresa tra 3 e 5 dB.


In definitiva il dott. Me. ha affermato che la G. M.R. è affetta da " ipertensione arteriosa con cardiopatia secondaria ed aritmia, sindrome ansioso-depressiva endoreattiva con disturbo post- traumatico da stressa, allegata somatizzazione ed insonnia, acufeni prevalenti all'orecchio dx" ed ha messo in relazione dette anomalie con il trauma subito a causa della prolungata esposizione alle immissioni acustiche e tale condizione ha provocato una menomazione all'integrità psico-fisica del soggetto di tipo permanente. Inoltre il CTU ha ritenuto che, per la prolungata esposizione alle immissioni nell'arco di 5 anni, il danno subìto non ha potuto dare luogo ad una valutazione di periodi di invalidità temporanea. Ha, dunque, quantificato nell'8% l'incidenza di tali postumi permanenti sull'integrità psico-fisica della donna.


Per quanto riguarda le valutazioni medico-legali di C. A. e di C. V., il CTU, dopo aver dato atto dell'assenza di documentazione di problematiche di tipo neurologico, cardiovascolare, disturbi dell'udito, vertigini o patologie di tipo ORL, pneumologico o di altro tipo che possano essere messe in correlazione con le prospettate immissioni acustiche, ha riscontrato nelle due pazienti solo uno stato d'ansia e di irritabilità riflessa in rapporto alle problematiche vissute dalla madre, ben comprensibili sul piano umano, ma non supportate né da documentazione strumentale, né clinica, né dall'anamnesi di una patologia sistemica o d'organo, né dall'assunzione di farmaci, che possano giustificare dal punto di vista medico-legale il loro riconoscimento sotto forma di un danno autonomo primitivo.


Pertanto il dott. Me. non ha riconosciuto alle stesse né un periodo di invalidità temporanea né tanto meno l'esistenza dei danni permanenti.


Orbene ritiene la scrivente di poter condividere e, dunque, fare proprie, nei termini di seguito esposti, le conclusioni alle quali è pervenuto il CTU.


Ed invero non sfugge alla scrivente che le considerazioni medico-legali espresse dal dott. Me. sono state oggetto di rilievi dei CTP della controparte costituita dal momento che gli stessi, dopo aver sottolineato il possibile nesso di causalità tra le patologie ipertensive riscontrate al pari della sindrome ansiosa-depressiva e la tiroidite da Hashimoto da cui è affetta la G. M.R., hanno anche stigmatizzato l'assenza di cause acclarate in letteratura degli acufeni.


Pertanto i CTP, considerando nella valutazione di un presunto danno biologico conseguente ad una esposizione notturna certificata quale lieve, e solo su 3 di 24 campioni, la presenza di complicanza aritmica dell'ipertensione arteriosa quale espressione di tale elemento nocicettivo, hanno sottolineato che il CTU non ha valutato che nell'evoluzione di tale patologia, peraltro definita essenziale proprio per la mancanza di un evidente fattore etiologico, il ruolo più importante è assunto dall'invecchiamento. Quindi, a giudizio dei CTP, il maggior danno, subito dalla signora G. M.R. in conseguenza dell'esposizione all'immissioni acustiche per come certificate, laddove lo si volesse considerare, al più potrebbe essere un modesto disagio psicologico che dalle tabelle SIMLA Orientamento alla Valutazione, rispetto alla normale evoluzione di una patologia ipertensiva in soggetto con tiroidite di Hashimoto, che nulla ha da essere relazionata con il disturbo acustico, nella più benevola delle ipotesi, possa essere valutato al massimo entro 1-2 punti di DB, dovendosi ritenere, pertanto, la valutazione effettuata dal CTU del tutto ridondante.


Il consulente di ufficio ha confutato le osservazioni dei CTP dal momento che, secondo l'ausiliario del giudice, le sue considerazioni medico-legali, rapportate ad una possibile condizione di menomazione prolungata (quale quella in esame) che venga a cadere su uno stato anteriore già compromesso e che quindi possa essere coesistente o concorrente rispetto alla stessa preesistenza, la valutazione di maggior danno, o cosiddetto danno differenziale, fra le patologie croniche degenerative e la loro evoluzione correlata all'età della periziata e considerando naturalmente l'esposizione prolungata alle immissioni acustiche descritte, deve necessariamente portare al riconoscimento "solo" di una differenza di danno risarcibile." La quantificazione del suddetto danno differenziale, per quanto riguarda la patologia ipertensiva, è stata dapprima rapportata sia alla patologia tiroiditica di Hashimoto (ed alla condizione di artrite psoriasica), preesistenti dal punto di vista anamnestico, e già quindi menzionate nell'ambito delle considerazioni medico-legali, sia al progressivo invecchiamento della Sig.ra G. M.R., su cui si è innestata poi nel corso degli anni la complicanza aritmica sulla quale ha agito anche l'esposizione prolungata alle emissioni acustiche, che quindi non sono state considerate le uniche possibili cause di complicanza della patologia ipertensiva, bensì hanno concorso quale danno aggiuntivo su una condizione preesistente (Tiroidite di Hashimoto ed invecchiamento), benché, per quanto attiene alla malattia ipertensiva con cardiopatia secondaria e alla condizione aritmica, siano ben descritte in letteratura come le suddette patologie e condizioni possono essere sicuramente ascritte in maniera "autonoma" all'esposizione prolungata a stimoli rumorosi molesti.


Nel caso in esame, sempre secondo il dott. Me., gli acufeni sono da considerarsi come unica possibile conseguenza dell'esposizione prolungata alle immissioni acustiche, visto che il termine acufene (che indica il disordine per il quale i rumori vengono percepiti in assenza di un corrispondente stimolo acustico esterno) è solitamente registrato alle frequenze uguali o superiori a 3000 Hz con un'intensità compresa tra 3-5 dB. Le vertigini sono invece attendibilmente da considerarsi conseguenza dell'idrope labirintica e della sindrome menieriforme diagnosticata all'ultimo controllo ORL.


Ebbene, considerato che nella sua relazione il CTU, sul punto non contrastato dai CTP, ha argomentato sull'incidenza dell'esposizione prolungata ( e precisamente per cinque anni ) ad immissioni acustiche sulle patologie pregresse della perizianda, senza tuttavia quantificare l'esatta incidenza di tale esposizione sull'aggravamento delle stesse, ritiene la scrivente di poter condividere e fare proprie tali valutazioni in un range compreso tra il 2 % (come quantificato dai CTP) ed il 7-8% ( come determinato dal CTU) in considerazione dell'accertata minore esposizione temporale a dette immissione ( per un periodo di circa due anni e sei mesi ).


In definitiva deve ritenersi accertato, in capo solo alla G. M.R., un danno biologico nella misura del 4 % quale conseguenza delle immissioni intollerabili.


Circa la quantificazione del danno non patrimoniale, secondo il più recente orientamento della Suprema Corte ( cfr. tra le altre: Cass.Sez. III n. 11754 del 15.05.2018), in difetto di diverse previsioni normative e salvo che ricorrano circostanze affatto peculiari, devono trovare applicazione i parametri tabellari elaborati presso il Tribunale di Milano successivamente all'esito delle pronunzie delle Sezioni Unite del 2008, in quanto determinano il valore finale del punto utile al calcolo del danno biologico da invalidità permanente, tenendo conto di tutte le componenti non patrimoniali, compresa quella già qualificata in termini di "danno morale" la quale, nei sistemi tabellari precedenti veniva invece liquidata separatamente, mentre nella versione tabellare successiva all'anno 2011 viene inclusa nel punto base, così da operare non sulla percentuale di invalidità, bensì con aumento equitativo della corrispondente quantificazione. Tuttavia il giudice, in presenza di specifiche circostanze di fatto, che valgano a superare le conseguenze ordinarie già previste e compensate nella liquidazione forfettaria assicurata dalle previsioni tabellari, può procedere alla personalizzazione del danno entro le percentuali massime di aumento previste nelle stesse tabelle, dando adeguatamente conto nella motivazione della sussistenza di peculiari ragioni di apprezzamento meritevoli di tradursi in un differente (più ricca, e dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari.


Nel caso di specie deve essere liquidato il solo danno biologico tenuto conto della esiguità delle lesioni subite, della mancata prova di ogni altro tipo di danno anche morale, neppure presumibile, e tenuto anche conto del fatto che il CTU, nella relazione medico – legale depositata in atti, con riferimento ai postumi invalidanti ha chiarito che: "le lesioni subite dalla periziata incidono sulla sua attività lavorativa specifica in misura media n ma non rendono usurante tale attività".


Pertanto, si ritiene equo liquidare, all'attualità, ivi compreso il danno emergente, tenuto conto delle lesioni subite, dell'età dell'attrice (di anni 69 all'epoca dell'inizio delle immissioni) e sulla base delle Tabelle di Milano, parametro nazionale per la valutazione equitativa del danno non patrimoniale alla persona (cfr. Cass n. 4447/2014), la somma di 2.985,11. In ordine alla richiesta di rivalutazione della somma riconosciuta all'attrice e di corresponsione degli interessi si osserva, quanto alla prima, che il danno è stato liquidato all'attualità.


Quanto, invece, agli interessi si rileva che "il danno subito per la mancata corresponsione dell'equivalente pecuniario del bene danneggiato può essere liquidato in via equitativa, attraverso il ricorso agli interessi, non necessariamente determinati in misura corrispondente al saggio legale, da calcolarsi sulla somma corrispondente al valore del bene al momento dell'illecito via via rivalutata". In pratica, "qualora la liquidazione del danno da fatto illecito extracontrattuale sia effettuata "per equivalente", con riferimento, cioè, al valore del bene perduto dal danneggiato all'epoca del fatto illecito, e tale valore venga poi espresso in termini monetari che tengano conto della svalutazione intervenuta fino alla data della decisione definitiva, è dovuto al danneggiato anche il risarcimento del mancato guadagno, che questi provi essergli stato provocato dal ritardato pagamento della suddetta somma. Tale prova può essere offerta dalla parte e riconosciuta dal giudice mediante criteri presuntivi ed equitativi, quale l'attribuzione degli interessi, ad un tasso stabilito valutando tutte le circostanze obiettive e soggettive del caso; in siffatta ultima ipotesi, gli interessi non possono essere calcolati (dalla data dell'illecito) sulla somma liquidata per il capitale, definitivamente rivalutata, mentre è possibile determinarli con riferimento ai singoli momenti (da stabilirsi in concreto, secondo le circostanze del caso) con riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente, in base ai prescelti indici di rivalutazione monetaria, ovvero in base ad un indice medio (così, per prima, Cass. Sez. Unite, 17 febbraio 1995, n. 1712)".


Questo giudice ritiene equo, ai sensi del secondo comma dell'art. 2056 c.c., adottare, come criterio di risarcimento del pregiudizio da ritardato conseguimento delle somme dovute (cd. lucro cessante), quello degli interessi al tasso annuo, valutato in via equitativa, nella misura dell'1% tenuto conto del minimo mutamento del potere di acquisto della moneta nell'intervallo di tempo fra gli illeciti, verificatisi dal mese di mese di marzo 2016 sino a febbraio 2018 ed il risarcimento (6 anni dai primi), e dell'andamento medio dei tassi di impiego del denaro correnti nel periodo considerato.


Pertanto, gli interessi nella misura sopra indicata devono calcolarsi dal momento del verificarsi del danno sull'importo, come sopra liquidato, svalutato ad € 2.689,29 all'epoca delle prime immissioni intollerabili e, quindi, su quest'ultima somma come progressivamente rivalutata, di anno in anno, ogni successivo mese di aprile, secondo la variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai ed impiegati accertata dall'I.S.T.A.T., fino alla data della presente decisione.


Sull'importo finale, come sopra riconosciuto, di € 2.985,11 (che si converte in debito di valuta), maggiorata degli interessi compensativi maturati sino a tale data, saranno dovuti i normali interessi legali ex art. 1282 c.c.


Nei rapporti tra G. M.R. e la società convenuta contumace, tenuto conto dal parziale accoglimento di una delle due domande sub 1) e sub 4) e della soccombenza della prima in relazione alle restanti domande, va dichiarata la non ripetibilità delle spese di lite fino alla concorrenza di 1/3. Per il residuo le spese seguono la soccombenza e, in assenza di nota di parte, si liquidano d'ufficio- in favore delle attrici - come da dispositivo, sulla base dei valori massimi di cui al D.M. 55/2014 in ragione della complessità della lite ( scaglione di riferimento compreso tra € 1.101,00 ed euro 5.200,00) ed in relazione alle fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale.


Nei rapporti tra le restanti due attrici e la società convenuta, per l'esito della lite, stante la contumacia della convenuta, va dichiarata la non ripetibilità delle spese di giudizio.


Nei rapporti tra le attrici e R. R. le spese seguono la soccombenza e, in assenza di nota di parte, si liquidano d'ufficio- in favore della convenuta - come da dispositivo, sulla base dei valori massimi di cui al D.M. 55/2014, scaglione di riferimento compreso tra € 1.101,00 ed euro 5.200,00 ed in relazione alle fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale.


In ragione del complessivo esito della lite le spese sostenute dalle attrici per l'espletamento della CTU vanno definitivamente poste a carico delle predette.


PQM

P.Q.M.

Il Tribunale di Napoli- in funzione di Giudice Unico- dott.ssa Roberta Di Clemente - definitivamente pronunciando sulla controversia come innanzi proposta così provvede:


Accoglie, per quanto di ragione, una delle domande sub 1) e quella sub 4) proposte da G. M.R. solo nei confronti della società La N SF s.r.l. e per l'effetto, condanna detta società, in persona del legale rappresentante p.t. a pagare, in favore di G. M.R. la complessiva somma di € 2.985,11 oltre interessi compensativi, al tasso annuo dell'1% dal mese di marzo 2016 sull'importo svalutato a detta epoca e cioè su € 2.689,29 e, inoltre, su tale somma progressivamente rivalutata, di anno in anno, ogni successivo mese di aprile, secondo gli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, dal sinistro fino alla pubblicazione della presente sentenza ed oltre interessi legali sulla somma finale così liquidata di € 2.985,11 maggiorata degli interessi compensativi maturati sino a tale data, dalla data di pubblicazione sino al soddisfo;


A. e da C. V. nei confronti solo della società La N SF s.r.l.


rigetta l'ulteriore domanda sub 1) e le domande sub 2) e sub 3);


rigetta la domanda sub 4) proposte da G. M.R. nei confronti di R. R.;


rigetta la domanda sub 4) proposta da C. A.M. e da C. V. nei confronti delle convenute:


dichiara la non ripetibilità delle spese di lite sostenute da G. M.R. fino alla concorrenza di 1/3;


condanna, per il residuo, la società La N SF s.r.l alla rifusione delle spese di costituzione e di rappresentanza in favore di G. M.R. e con attribuzione all'avv. G. E. qualificatosi antistatario; spese liquidate in complessivi € 3.024,00 oltre ad euro 122,00 per la quota di spese vive ed oltre al 15% per rimborso forfettario per spese generali ed IVA e CPA come per legge;


condanna le attrici alla rifusione delle spese di costituzione e di rappresentanza in favore di R. R.; spese liquidate in complessivi € 4.536,00 oltre al 15% per rimborso forfettario per spese generali ed IVA e CPA come per legge;


dichiara non ripetibili le spese di lite nei rapporti tra C. A.M. e C. V. e la convenuta contumace;


pone definitivamente a carico delle attrici le spese per l'espletamento della CTU già liquidate nel corso del giudizio.


Così deciso in Napoli il 14.06.2022.


IL GIUDICE