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Art. 156 c.p.c. - Rilevanza della nullità



Non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge.

Può tuttavia essere pronunciata quando l'atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo.

La nullità non può mai essere pronunciata, se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato.
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Giurisprudenza sull'art. 156 c.p.c.
Cass., massima sent. n. 8393 del 20.09.1996
Il difetto di rappresentanza-difesa tecnica che colpisca la citazione introduttiva del giudizio, pur se comporta una nullità insanabile all'interno e nello sviluppo del processo (per la preclusione posta dall'art. 125, secondo comma, cod. proc. civ.), tuttavia non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza conclusiva del processo stesso, restando soggetto alla regola dell'art. 161, primo comma, cod. proc. civ., secondo la quale il vizio di nullità della sentenza si converte in motivo di gravame.


Cass., massima sent. n. 3607 del 15.02.2007
Il vizio non formale di attività discendente dalla mancata osservanza delle sequenze procedimentali in cui è normativamente scandita la trattazione della causa in primo grado - per non avere il giudice concesso alle parti, benché richiesto, l'appendice scritta della prima udienza di trattazione, ai sensi dell'art. 183, quinto comma, c.p.c., ed avere rimesso la causa in decisione quando era ancora aperta la fase rivolta alla definitiva determinazione del "thema decidendum" e del conseguente "thema probandum" - può essere rilevato d'ufficio dal giudice del grado al più tardi prima di pronunciarsi sulla "res" controversa e dal medesimo rimediato attraverso l'adozione di misure sananti, espressione della capacità di autorettificazione del processo, con la rimessione in termini delle parti per l'esercizio delle attività non potute esercitare in precedenza. La mancata rilevazione di detto vizio "in procedendo", inficiante in via derivata la validità della sentenza, impone alla parte di dedurre la ragione di nullità con il motivo di impugnazione (art. 161, primo comma, c.p.c.), restando, a seguito della emanazione della sentenza di primo grado, sottratta al giudice del gravame la disponibilità di questa nullità verificatasi nel grado precedente (da ritenersi ormai sanata perché non fatta valere nei limiti e secondo le regole proprie dell'appello), non rientrando essa tra quelle, insanabili, rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del processo, anche al di fuori della prospettazione della parte.

Cass., massima sent. n. 1615 del 16.02.1998
a lettura del dispositivo della sentenza, richiesta a pena di nullità nel rito del lavoro, non deve necessariamente risultare da esplicita menzione nella sentenza medesima o nel verbale di udienza, ben potendo essere documentata da un qualsiasi atto processuale e desumersi per implicito da determinati fatti..

Cass., massima sent. n. 3336 del 14.02.2007
Nell'ordinario giudizio di cognizione, la portata precettiva della sentenza va individuata tenendo conto non soltanto del dispositivo, ma anche della motivazione, cosicché, in assenza di un vero e proprio contrasto tra dispositivo e motivazione, deve ritenersi prevalente la statuizione contenuta in una di tali parti del provvedimento, da interpretare in base all'unica statuizione che, in realtà, esso contiene.


Cass., massima sent. n. 27880 del 24.11.2008
Il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione - che dà luogo a vizio di nullità della sentenza da far valere mediante impugnazione e, in difetto della quale prevale il dispositivopresuppone che non vi sia alcuna coerenza tra i due atti, sicché va escluso quando sussista una parziale coerenza tra dispositivo e motivazione e si possa escludere che il contrasto sia l'esito di un ripensamento sopravvenuto.