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Art. 162 c.p.c. - Pronuncia sulla nullità



Il giudice che pronuncia la nullità deve disporre, quando sia possibile, la rinnovazione degli atti ai quali la nullità si estende.

Se la nullità degli atti del processo è imputabile al cancelliere, all'ufficiale giudiziario o al difensore, il giudice, col provvedimento col quale la pronuncia, pone le spese della rinnovazione a carico del responsabile e, su istanza di parte, con la sentenza che decide la causa può condannare quest'ultimo al risarcimento dei danni causati dalla nullità a norma dell'articolo 60, n. 2.

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Giurisprudenza sull'art. 162 c.p.c.
Cass., massima sent. n. 27411 del 13.12.2005
Nel caso in cui sia accertata, in secondo grado, una nullità non sanata della citazione introduttiva del giudizio, non rientrante tra quelle indicate dall'art. 354 c.p.c., il giudice di appello non può rimettere la causa al primo giudice, nè limitarsi a dichiarare la nullità dell'atto invalido e di tutti quelli conseguenti, sentenza inclusa, definendo in tal modo il giudizio, ma deve, dopo aver dichiarato la nullità del giudizio di primo grado, consentire alle parti le attività che le sono state precluse dalla nullità e, quindi, decidere la causa nel merito, a meno che nessuna delle parti gli abbia richiesto una tale pronuncia. Nè ciò configura una violazione dei principi stabiliti dagli articoli 24 e 3 della Costituzione, tenuto conto che il diritto di difesa è garantito dalla previsione del potere - dovere del giudice d'appello di decidere la causa nel merito previa rinnovazione degli atti nulli, che la regola del doppio grado di giurisdizione non ha garanzia costituzionale e che il principio di uguaglianza non preclude al legislatore di dettare norme differenti per regolare situazioni ritenute diverse.


Cass., massima ordinanza n. 18795 del 06.09.2007
L'art. 47, comma quarto, c.p.c. dispone che il regolamento di competenza d'ufficio sia richiesto con ordinanza, senza dettare alcuna precisazione sui requisiti di contenuto che tale provvedimento deve avere. Ne discende che tali requisiti vanno mutuati dall'art. 134 c.p.c. e, pertanto, ai sensi del primo inciso di tale norma, è da ritenere che l'ordinanza debba essere motivata. In mancanza della motivazione, che - giusta la previsione dell'art. 45 c.p.c., che indica come presupposto dell'elevazione del conflitto che il giudice della riassunzione ritenga a sua volta di essere incompetente, comporta l'indicazione delle ragioni di dissenso dall'altro giudice - l'ordinanza deve reputarsi inidonea ad assolvere allo scopo cui è diretta, cioè quello di investire la Corte di Cassazione delle ragioni giustificative dell'elevato conflitto. In analogia con quanto l'ordinamento prevede rispetto al ricorso per cassazione (art. 366 c.p.c.) e, di riflesso, con gli opportuni adattamenti, anche rispetto al regolamento di competenza su istanza di parte, la mancanza dei requisiti di contenuto ridonda in ragione di inammissibilità dell'istanza, dovendosi escludere che, per la forza di tale analogia, sia possibile disporre una rinnovazione dell'istanza ai sensi dell'art. 162, primo comma, c.p.c.