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Gioco di azzardo e separazione coniugi

Trib. Napoli Sez. I, Sent., 30.05.2012

In presenza di una richiesta di addebito della separazione il tribunale deve verificare, alla stregua delle risultanze acquisite dall'istruttoria, se siano stati posti in essere dal resistente comportamenti coscienti e volontari (quali ad esempio il gioco d'azzardo) in violazione dei doveri nascenti dal matrimonio ex art. 143 c.c., accertando la sussistenza del nesso di causalità tra questi ultimi ed il determinarsi della situazione d' intollerabilità della prosecuzione della convivenza coniugale.

OMISSIS

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con ricorso depositato il 29.01.2008, il ricorrente in epigrafe chiedeva pronunciarsi la separazione personale nei confronti del coniuge con la dichiarazione di addebito della separazione a carico di quest'ultima.

A sostegno della domanda allegava:

di avere contratto matrimonio con la resistente in data 21.06.1990;

che dal matrimonio erano nate A., nel 1991, e M., nel 1994;

che l'unione matrimoniale era naufragata per la condotta della moglie in perdurante violazione dei doveri matrimoniali;

ciò premesso, chiedeva, pertanto, che venisse pronunciata la separazione personale con addebito, l'affidamento congiunto della prole e la previsione di un assegno per il mantenimento delle figlie secondo giustizia.

Si costituiva la resistente deducendo: che già nel 2003 aveva scoperto che il marito intratteneva una relazione extraconiugale; che lo aveva perdonato per tentare di salvare il matrimonio; che da allora il ricorrente aveva assunto un atteggiamento freddo e distaccato ed aveva iniziato a frequentare un circolo ed a giocare d'azzardo accumulando debiti; che nel mese di settembre del 2006 aveva avuto conoscenza di una nuova relazione extraconiugale; che anche in questo caso lo aveva perdonato nella speranza di non compromettere l'unione familiare, ma il marito aveva proseguito la relazione; che a febbraio del 2007 si era vista costretta ad abbandonare la casa coniugale insieme alle figlie; tutto ciò premesso, concludeva perché fosse pronunciata la separazione personale con addebito a carico del ricorrente, l'affidamento congiunto delle figlie e perché l'assegno previsto a titolo di contributo al mantenimento suo e delle figlie fosse quantificato in una somma non inferiore a Euro 900,00.

All'udienza del 16.10.2008, fissata per la comparizione delle parti, il Presidente, preso atto dell'esito negativo del tentativo di conciliazione, emetteva i provvedimenti temporanei di cui all'art. 708 c.p.c. rimettendo le parti davanti al giudice istruttore.

In particolare, il Presidente affidava le figlie ad entrambi e poneva a carico del ricorrente un assegno di complessivi Euro 750,00 di cui Euro 600,00 a titolo di contributo al mantenimento della prole e Euro 150,00 per il mantenimento della moglie.

La causa era istruita con prova per testi, richiesta di informativa ai servizi sociali ed indagini di polizia tributaria; all'udienza del 21.07.2011 la resistente concludeva come in comparsa di costituzione; la causa era rimessa al Collegio per la decisione.

Il P.M. concludeva per la pronuncia di separazione, l'affidamento condiviso della figlia minore M., visite libere da parte del padre a carico del quale chiedeva porsi un assegno di mantenimento di Euro 400,00.

Occorre premettere che la resistente dopo avere ritirato la propria produzione non la ha più depositata così dimostrando di non volersene avvalere.

Così tratteggiata la vicenda processuale, la domanda di separazione giudiziale è fondata e merita, pertanto, accoglimento.

Le risultanze processuali hanno ampiamente comprovato una crisi del rapporto coniugale di tale gravità da escludere, secondo ogni ragionevole previsione, la possibilità di ricostituzione di quell'armonica comunione di intenti e di sentimenti che di quel rapporto costituisce l'indispensabile presupposto.

In particolare la gravità delle accuse che un coniuge ha rivolto all'altro, l'indifferenza ad ogni sollecitazione verso una conciliazione, che pure avrebbe dovuto palesarsi opportuna, soprattutto nell'interesse della prole nonché la perdurante cessazione della convivenza, sono tutti elementi che lasciano agevolmente presumere che tra i coniugi sia cessato ogni interesse, con il conseguente venire meno di ogni forma di comunione materiale e spirituale.

Sia il ricorrente che la resistente hanno chiesto l'addebito della separazione, sicché, conformemente al prevalente orientamento giurisprudenziale (cfr tra le altre Cass. Civ. Sez. I n. 2740 del 5.02.2008) il tribunale deve verificare, alla stregua delle risultanze acquisite dall'istruttoria, se siano stati posti in essere dal resistente comportamenti coscienti e volontari in violazione dei doveri nascenti dal matrimonio ex art. 143 c.c., accertando la sussistenza del nesso di causalità tra questi ultimi ed il determinarsi della situazione d'intollerabilità della prosecuzione della convivenza coniugale.

Inoltre se è indubbio che, ai fini dell'eventuale addebito, il tribunale non può prescindere da una valutazione comparativa della condotta reciproca dei coniugi, onde verificare se il comportamento dell'uno sia qualificabile alla stregua di una giustificata reazione nei confronti degli atti compiuti dall'altro, è anche vero che, ove i fatti accertati a carico di un coniuge costituiscano violazione di norme di condotta imperative ed inderogabili, traducendosi nell'aggressione a beni e diritti fondamentali della persona, quali l'incolumità e l'integrità fisica, morale o sociale dell'altro coniuge, essi sarebbero, comunque, insuscettibili di essere giustificati come ritorsione e reazione al comportamento di quest'ultimo ( cfr. tra le altre Cass. Civ. Sez. I n. 26571 del 17.12.2007).

Mentre la domanda del ricorrente è restata del tutto sfornita di prova (che non è stata neanche articolata), la ragione per la quale la resistente ha chiesto l'accertamento dell'addebitabilità della separazione è nelle relazioni extraconiugali che il marito avrebbe intrapreso e nell'atteggiamento di distacco assunto nei confronti suoi e delle figlie.

La ricostruzione che può essere effettuata alla luce delle risultanze dell'istruttoria è, parzialmente, diversa da quella suggerita dalla difesa della resistente: infatti, dalle concordi, precise ed analitiche dichiarazioni della figlia A. e della sorella A.M. D.F. è, in primis, risultata provata la circostanza del vizio del gioco anche se la figlia ha ridimensionato l'entità dei debiti contratti. Quanto alla seconda relazione extra coniugale, A. ha raccontato di averla scoperta quando decise di andare a vivere con il padre, in un'epoca successiva cioè alla separazione di fatto.

Si potrebbe, dunque, inferire che la violazione del dovere di fedeltà non sia stata la causa dell'intollerabilità della prosecuzione della convivenza poiché verificatasi quando l'affectio era già venuta meno. Ma non è così nella fattispecie atteso che la teste ha chiarito come, anche dopo che il padre era andato via di casa, la madre era ancora disponibile a riaccoglierlo così come era avvenuto dopo la scoperta della prima relazione extraconiugale. La cronologia degli eventi, letti in una chiave unitaria, dimostra come pervicacemente il B. abbia minato l'unione matrimoniale ponendo la moglie di fronte a sempre nuove violazioni del dovere di fedeltà e, soprattutto, distaccandosi affettivamente dalla moglie e dalle figlie. Ed è, dunque, soltanto a lui ascrivibile la rottura del matrimonio.

La separazione tra i coniugi va, dunque, pronunciata, ai sensi dell'art. 151 2 comma c.c., con addebito esclusivo al ricorrente.

Quanto ai provvedimenti relativi alla prole, premesso che A. è nelle more divenuta maggiorenne, secondo il collegio sussistono ragioni sufficienti per derogare alla regola dell'affidamento condiviso: infatti, dagli atti di causa ed in particolare dalle relazioni dei servizi sociali si evince il disinteresse mostrato dal padre per le figlie e la profonda delusione e rabbia delle ragazze. Se a questo si aggiunge il costante inadempimento dell'obbligo di mantenimento, che ha indotto l'istruttore a ordinare il pagamento diretto da intendersi confermato in questa sede, l'affidamento esclusivo appare la soluzione più adeguata alla tutela della minore.

In considerazione dell'età della ragazza, vicina al raggiungimento della maggiore età, il padre potrà farle visita liberamente, compatibilmente con gli impegni scolastici e sociali.

Nulla va disposto per la casa coniugale da tempo lasciata.

In ordine ai rapporti patrimoniali, dalla documentazione in atti ed in particolare dalla relazione della Guardia di Finanza è emerso che la resistente non ha alcun reddito mentre il ricorrente ha un reddito di circa Euro 20.000,00 annui.

Di conseguenza, tenuto conto che non è un reddito particolarmente alto, può essere confermato quanto stabilito dal Presidente a titolo di contributo al mantenimento delle figlie (in conclusione Euro 300,00 per ciascuna figlia).

Inoltre, può essere riconosciuto anche un assegno per il mantenimento della moglie contenuto nella misura già fissata dal Presidente anche perché la resistente ha ammesso di effettuare saltuariamente lavori di pulizia.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

Il tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede:

a) pronuncia ai sensi dell'art. 151 2 comma c.c. la separazione personale tra i coniugi F.D.F., nata a V. il (...), e C.B., nato a N. il (...), con addebito esclusivo della separazione a quest'ultimo;

b) affida la figlia M. alla madre e con possibilità per il padre di vederla secondo quanto stabilito in motivazione;

c) pone a carico del B. l'obbligo di corrispondere in favore della D.F., entro il giorno cinque di ogni mese, l'assegno mensile di Euro 750,00, oltre al 50% delle spese straordinarie, di cui Euro 600,00 a titolo di contributo al mantenimento delle figlie e Euro 150,00 a titolo di mantenimento della moglie; detto assegno sarà annualmente ed automaticamente rivalutato con decorrenza dal mese di dicembre del 2012, secondo gli indici ISTAT delle variazioni dei prezzi al consumo per le famiglie d'impiegati ed operai;

d) condanna il ricorrente alla rifusione in favore della resistente delle spese del giudizio, che liquida in Euro 726,00 per diritti ed Euro 1.000,00 per onorario, oltre rimborso spese generali nella misura del 12,50% su diritti ed onorario, IVA e CPA come per legge;

e) ordina che la presente sentenza sia trasmessa in copia autentica a cura della Cancelleria all'Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Napoli per l'annotazione di cui all'art. 69 lett. d) D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, ordinamento dello Stato Civile (atto n. 39, parte II, Serie A, sez. Y, Registro degli atti di matrimonio dell'anno 1990).

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